sulla banchina levigata dai muschi,
nel sentire il freddo d'un pomeriggio plumbeo»
Contavo gli amori passati
leggendoli nelle pietre che calpestavo.
Mattoni scalfiti dal tempo,
padroni dei segreti del cammino.
Camminavo nella lentezza della mia giovane vecchiezza.
Tra un passo incerto e un sorriso non donato
la gente sfiorava la mia invisibile presenza.
Vetrine d'un barocco amico
ridondavano come i miei pensieri.
Un suono leggero,
quasi impercettibile d'oboe
seguiva ogni mio movimento.
Alzai il bavero del mio nero mantello,
avvolgendo dentro un essere
privo di materialità.
Chi ero, che fra calli e salizade,
trasportava il suo incedere
nella malinconica foschia delle ore?
Una cabina telefonica,
attirò il mio sguardo.
Relitto del tempo.
M'avvicinai a essa accarezzandola
per ascoltare ancora una volta i miei giusti anni.
Poi da una penzolante cornetta annerita
uno squillo vibrò nell'aria...
«Dove sei mio amato,
il mio richiamo non lasciare inascoltato.
Avrei voluto che nella tua vita
m’avessi sussurrato t'amo.
Scorrono immutati i giorni e mai
il sentimento per te finì.
Ancor vaga l’eco della mia voce
tra le calli,
testimoni delle nostre segrete effusioni
e di mille frasi che a te mi legarono.
Sono indissolubili le catene
che non riesco a rompere.
Solo pene mi legano nella perdizione
Vorrei sentirti ancor vicino
nei tuoi passi che vedo incerti...
ma questa nebbia ci tiene lontani
impedendoci di sfiorarci.
Ti prego avvolgimi nel tuo mantello,
ho freddo, tanto freddo.
Fammi vivere un'ultima volta nel tuo calore.
Questo luogo spento
come le anime dei dannati,
che vagano nelle buie ore,
mi condanna alla non vita.
Maledetta sia io che tutto distrussi per gelosia.
Ora, ieri e eternamente morirò,
nel morire della laguna.
Imprigionata in questa cabina
a rimpiangere ore perdute
e un tempo che sapeva d’amore»
Opera di Jean C.G. e Genoveffa Frau @2018
Poesia scritta il 03/06/2022 - 08:45Voto: | su 3 votanti |

FADDA TONINO
04/06/2022 - 14:56
Caterina Alagna
03/06/2022 - 17:09 
Jean C. Gravili
03/06/2022 - 14:14

Anna Cenni
03/06/2022 - 14:12

genoveffa genè frau
03/06/2022 - 13:38 (James Dean)
Credo che in questo testo ci sia tutto questo, complimenti
Mirko D. Mastro
03/06/2022 - 12:54 Un testo magnifico!
Un caro saluto a te e alla dolce Genè

Marina Assanti
03/06/2022 - 12:45 Sì Marina, la voce provenendo attraverso un vecchia cabina telefonica in disuso doveva essere volutamente impercettibile roca e inascoltabile essendo quella la voce che valica un'altra dimensione.
Ha un tono molto grezzo e "asmatico" e ne hai colto le sfumature e devo dire che pure ha me me sta un pochetto antipatico!
Grazie ancora di cuore per la presenza.
Jean C. Gravili
03/06/2022 - 12:30
Glauco Ballantini
03/06/2022 - 12:24 
Anna Cenni
03/06/2022 - 12:04

Anna Cenni
03/06/2022 - 12:02 Piaciutissimo in ogni caso perché validissimo il testo e la musica, notissima, in sottofondo.
Bravissimi!

Marina Assanti
03/06/2022 - 12:01
genoveffa genè frau
03/06/2022 - 11:02
genoveffa genè frau
03/06/2022 - 10:59 l'oboe mi fa pensare a Vivaldi, anche se lui prediligeva gli archi...
è stato bellissimo leggervi... e rileggervi!
Marina Assanti
03/06/2022 - 10:37 Un racconto in poesia, in un'ambientazione magica(adoro Venezia)
originalissima l'immagine della voce che chiama l'amato da una cabina telefonica del passato.
E' magica, fluttuante, evocativa, eterea.
Piaciutissima.
Complimentissimi a Jean e alla cara Genè, veramente di cuore.
Mi avete stupita e commossa,
grazie a entrambi!

Marina Assanti
03/06/2022 - 10:35



