c’è ancora la notte delle lucciole,
quando ti raccontavo le storie dei miei amori,
quelli veri, quelli inventati.
A quel tempo avevo occhi da pirata
e il cuore sepolto sotto la neve.
Cercavo l’amore su treni sempre in ritardo
nascondendo le mani e storpiando le parole.
Tu ascoltavi, immobile sul confine di un bacio
che io non vedevo, che io non capivo,
mentre le lucciole tra le mani
ti illuminavano un battito di ciglia,
forse una lacrima.
Eri bella con la luna sulla pelle
e mi sentivo bello anch’io perché tu lo dicevi
tra il solletico dell’erba, le lucciole finalmente libere
e il ciondolo d’oro che più non trovavi.
Poi te ne andasti in una giornata senza tregua,
con il sole che asciugava anche le ombre.
Te ne andasti perché d’amore d’altri sapevo scrivere
ma il tuo non avevo mai imparato a leggere.
Così avviene che cade la neve,
che il giorno arrivi sempre troppo in fretta
e che non esista nessuna colonna sonora che lo possa addolcire.
Allora devi chiudere a chiave il cassetto
e sotto la neve, insieme al tuo ciondolo,
restano le storie di tutti gli amori che avrei voluto
e le storie di tutti i miei amori inventati,
ma ne manca uno, sempre quello,
forse l’unico che poteva essere vero.

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