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In quei fissi occhi gialli.

Fu il culmine della disfatta, un segno mitico ed impensabile, sotto una melma viscosa, puntinata di gocce di latte. Incontrai te, il pelo sporco e il miagolio continuo: a intervalli di tempo regolari mi stordivi con il tuo bisogno d'aiuto, come un lamento e riempivi il vuoto dei passi lasciati da uno sconosciuto, frettolosamente sovrappensiero. Irrompevi con i tuoi contorni nell'aria vibrante che ci abbracciava ed io, di fronte a te, mi riducevo ad una comparsa; quegli occhi gialli mi avevano rapita e trascinata nel tuo mondo. Nonostante lo spazio obbligato per necessità di sopravvivenza, a cui entrambi non eravamo disposti a rinunciare, l'odore della tua paura invase le mie narici; mi avevi avviluppata, i miei movimenti seguivano ai tuoi. Per pochi secondi smettesti di miagolare e provasti ad avvicinarti, una zampetta avanti e l'altra ancora dietro, incastrata alla terra: ti stavi muovendo in direzione di un nuovo futuro (che ti avrebbe spaventato) ma il passato ti tratteneva, l'esperienza del pericolo e il maltrattamento stradale ti condizionarono e rimanesti inerte, immobile, senza coraggio. Mi mancò l'aria sorprendendomi di essermi finalmente ritrovata, dopo aver molto vissuto da esule, in te. Ero esattamente lì, in quei fissi occhi gialli, grandi e profondi: impaurita, fragile, bisognosa d'affetto e totalmente priva di fiducia. Eravamo simili io e te, facevamo
acqua da tutte le parti nel tentativo di sopravvivere. Avevamo preferito rischiare e farci male, riprovare e schiantarci e perderci d'animo per cadere a terra feriti, ma mai arrendendosi. Avevamo preferito sporcarci le mani e morire di fame pur di ribellarsi e accogliere malamente la possibilità di rimanere soli. E così fu. Non ti avvicinasti e non lo feci neanch'io. Scomparisti in un'ombra lontana e non troppo distinta e mi lasciasti nella testa il tuo lamento che unitosi al mio si ricongiunse alle liquide sfere celesti.



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Racconto scritto il 19/07/2017 - 23:57
Da Giulia Cacopardo
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