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Il Tomo- Reprobi Angelus (EC)

Errata corrige
Samaèl, il concepimento




Avevo dovuto lasciare Adamantina asciugarsi le lacrime con un fazzoletto profumato di miele tra le pagine del manoscritto per rimettere a letto il più piccolo dei miei figli.
Uscendo dalla stanza dopo aver tergiversato alla sua domanda, sapevo non sarei tornato supino accanto a mia moglie


<<Papà… gli angeli sono tutti buoni?>>


Ora dormiva. Era stato solo un incubo, ma avevo dovuto asciugargli sulla fronte e dalla nuca il sudore. Un fazzoletto di lino finissimo sul comodino aveva fatto al caso mio.
Sorrisi, un amico poeta romano l’avrebbe chiamato sudario.
Raggiunsi lo scrittoio dopo essere passato dalla cucina, dove un vasetto di miele restato aperto copriva quasi l’odore del caffè.
Qualcuno l’aveva preferito a un croissant.
Meglio così, pensai, anche questo farà al caso mio.


Accanto allo scrittoio da anni mi fa da tavolino una pila di libri, ma quella notte nel tomo che funge da base dovevo cercare qualcosa.


Dunque, angeli caduti…
Samaèl…
ecco qui, buono e nel contempo crudele; patrono dell’Impero Romano.


Sorrisi di nuovo, ripensando ancora al poeta vivaista.
Nella sua serra mi disse una volta di coltivare la lobelia… bene, uno dei personaggi lo chiamerò Lobella.


E’ nato pressappoco così Reprobi Angelus, davanti alla finestra che invitava l’aria pungente a schiaffeggiarmi il viso mentre un profumo di cannella e zenzero mi consegnava ad un rapido oblio davanti a questa landa pallida e desolata. Quasi a spolverare i miei pensieri.
Ma come sempre c’è dell’altro, che ovviamente non vi svelerò.
Non subito.



Scrivere il finale di una storia è importante quanto scriverne l'inizio: se l'incipit ha la funzione di attirare subito il lettore, il finale ha la complicata missione di non fargli dimenticare l'intero svolgimento, anzi, di farglielo amare almeno un po’.
Così scelsi un finale circolare, tipico peraltro dei racconti noir.


Ma una volta scritto mi accorsi nel terzo capitolo, o come direbbe la ragazzina che conosce il latino Tertio capitulo, di un refuso…
Avevo fatto in tempo solo a chiudere la finestra in modo da non sentire troppo freddo, che la marmellata che era come se sapesse di miele mi si mise di traverso e per poco non mi strozzò.


“Ma non è stato un refuso”


Avevo i brividi.
Si sedette all’angolo davanti alla finestra.
Trasalii.


<Chi sei!? Tu…>


“Non lo farai. Non cercherai di ingannare il lettore. Sei modesto.
La modestia non ti fa neppure chiamare romanzo quello che stai scrivendo.
Ma non l’hai fatto… ingannarlo intendo. Almeno non consapevolmente”


<Tu… chi sei tu!?>


“Se avessi continuato a leggere nel tomo, sapresti che se mi accoglie la morte… due me stesso torneranno in vita privati di qualcosa.
E tutto ricomincia. Ciò che finisce nasconde un nuovo inizio”


<…così saresti potuto essere sia alla locanda che dal figlio di Benedetta nonostante l’ala recisa. Tutto fila>


“Già, e Benedetta...
Svelerai al lettore l’importanza di Benedetta?
E ti risponderò a una domanda che stai per porti… non puoi farmi tornare da Adamantina”


<Tu rinasci…>


“Sì amico mio, ma senza cuore. Hai fatto in modo che lo donassi a lei.
Non potrei amarla…”



… Quando uno scrittore soffre, tra la bellezza dei suoi petali il bucaneve rammenta di celare tutto il dispiacere e il dolore che incarna…



<Troverò un modo, sono pur sempre io l’autore.
Aspetta, come è possibile che io stia qui a parlare con te che non esisti se non nella mia penna…>


“Mi piace osservarti, sai?
L’altra sera ti guardavo con l’altro tuo figlio.
Tu allo scrittoio, lui che suonava la tromba.
Mi avete ricordato quella canzone dove Adelmo suona la chitarra seduto davanti al fuoco con Guccini…”


Un soffio caldo pervase la stanza.
La sua voce provata, quasi confortevole nell’ombra


“…ma quanti ratti mordono il nostro cammino”


E si diradò come la nebbia che ora avvolgeva la landa ondeggiando appena, come un fazzoletto.
Sul cappotto sopra la sedia nell’angolo, e sui bucaneve alla finestra.




Se solo si potessero barattare assortimenti di errori smessi
e anche di quelli freschi
che abbiano un qualche valore
con righi di scrittura, forse si potrebbe proseguire con le proprie storie.
Storie
di anime come clessidre del tempo che sappiano fluire a ritroso,
chiamare le ore spasmi.


Sentite la grafite sopra l'anima
ora perdere di peso
nei sentieri del quotidiano, assenti di parole




liber primus




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Racconto scritto il 26/09/2025 - 05:33
Da Mirko D. Mastro
Letta n.14 volte.
Voto:
su 0 votanti


Commenti


Sciocchi fa assonanza con scacchi...delle volte uno sciocco è il greve depositario di un pensiero leggero, o nel gioco il cavallo.
Grazie Anna

Mirko D. Mastro 26/09/2025 - 08:33

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Se almeno restasse qualcosa, qualcosa che è accaduto ma che non è assolutamente nulla, e nello stesso tempo tutto, ma forse per qualcuno è troppo difficile capirlo! Restate angeli con chi
ha testa e penna in mano,ai demoni...gli sciocchi.

Anna Cenni 26/09/2025 - 08:13

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