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RICORDI

Italia, 1913


Non so perché ho preso questo vecchio quaderno, e non so perché sto scrivendo, forse è solo smania di ricordare a queste mie vecchie ossa che anch'io un tempo fui un giovane spavaldo. O forse è solo perché non ho altro da fare, troppe ore inutili e allora ho bisogno di riempire questo vuoto tempo.


Era il 1860, anno glorioso per la nostra storia! Davvero, davvero glorioso. Ero poco più di un ragazzo, ma avevo sentito che Garibaldi cercava uomini valorosi, valoroso non lo ero, ma spavaldo sì. All'epoca era pericoloso respirare e la libertà era un concetto assai labile. Nulla avveniva alla luce del sole, tutto veniva deciso nelle serpeggianti ombre notturne, alla pallida luce di candele consunte dalle parole di gente che sapeva di voler cambiare l'ordine delle cose. Io come dicevo ero poco più di un ragazzo, ma questo bastava per poter entrare nelle file di Garibaldi.
Più di una volta mi trovai a partecipare alle riunioni delle società segrete, e più di una volta respirai l'aria che impregna quei raduni. Vedevo tante facce, volti come il mio, studenti e non, ma giovani, tanti giovani e tanti intellettuali. Le nostre parole erano vive, più vive delle nostre azioni. Ancora sentivo il peso del passaggio di chi ci aveva preceduto. Tutti eravamo convinti di quello che facevamo, ma sulle nostre azioni pesava il peso del fallimento dei moti del '21 e del '48, pesava anche sulle mie spalle, anche se io non c'ero e pesava perché le parole e le convinzioni di uomini come Pepe, Confalonieri e Pellico erano ancora vive. Io facevo parte della Società Nazionale Italiana, e il nostro motto era : “Unità, Indipendenza, Vittorio Emanuele re d'Italia.” anche Garibaldi aderì alla società, ma spesso io e miei compagni potemmo scorgere ombre sul suo volto, ombre che suonavano come una dichiarazione dei suoi ideali, repubblicani e socialisteggianti, per lo più.
All'epoca tutto cambiava in fretta e i mesi scorrevano via come attimi, ma le idee, quelle restavano ben ferme in noi. Era da poco fallita la spedizione di Sapri, voluta da Mazzini e Pisacane, ma tra le file dei democratici mazziniani c'era ancora l'idea di sfruttare i moti siciliani. Così Crispi e Pilo ebbero in animo di capeggiare una spedizione in tal senso. L'obbiettivo era quello di volgere i moti siciliani a favore della causa italiana, ed estendere poi l'azione nel mezzogiorno continentale.
Io al tempo avevo una fidanzata, una personcina graziosa, alla quale non ebbi animo di dire nulla, forse per vigliaccheria, forse per un ingenuo tentativo di proteggerla, forse solo perché il tempo scappava via e le mie passioni le prendeva la politica. Il nostro sogno era l'Italia unita e quel sogno quasi lo vedevo che si realizzava. Piano piano mi dimenticai di tutto, ma non delle mie idee, vivevo per loro, io sesso ero diventato la somma delle mie idee, mi muovevo e parlavo come loro, in una proiezione onirica della mia mente. La mia fidanzata sembrava sopportare tutto, ma in una fosca mattina di aprile ci lasciammo. Fu triste, ma mi diede la forza di affrontare quello che venne poi con il cuore più leggero, almeno da un punto di vista.
Crispi e Pilo convinsero Garibaldi ad unirsi a loro, ed egli cominciò a radunare uomini per quella che fu chiamata “la spedizione dei mille”, noi però eravamo tanti di tutto, ci legava il carisma di Garibaldi e forse l'idea di un sogno comune. Partimmo da quarto per poi sbarcare in Sicilia, ah la Sicilia! Marsala, la battaglia a Calatafimi, era il 15 maggio del '60, il sapore della vittoria, lo sento ancora come sento ancora i giorni della marcia su Palermo e la voce di Agata, giovane nobile siciliana, ribelle e indomita, che seppe sposare la mia causa come Luisa, la graziosa ragazza lasciata nell'aria pungente di aprile, non seppe fare. Il nostro fu un incontro strano, durato il tempo della nostra permanenza lì in Sicilia, eravamo divorati dai fuochi delle nostre passioni che bruciavano nelle nostre anime, ed era tutto così irreale, come le giornate passate a combattere a Palermo, furono tre, ma così intense che a descriverle non riesco. Il 30 maggio riuscimmo a liberare Palermo. Ricordo che a noi si unirono 15000 volontari guidati da Agostino Bertani, Agata ci seguiva da lontano, e ci raggiunse a Palermo e poi a Milazzo, ma sempre in segreto, ella rimaneva la figlia di un nobile siciliano, se pur indomita e ribelle. Ricordo poi la battaglia finale a Milazzo il 20 giugno e l'insurrezione di Bronte, sedata da nino Bixio, e poi l'entrata a Napoli, il 7 settembre e la battaglia di Volturno, il ritorno momentaneo di Garibaldi in Sicilia, e poi la scelta di come disporre i 21000 uomini che era riuscito a radunare, e tutti gli sforzi e i sacrifici di chi da compagno era diventato amico. Questo avveniva ai primi di ottobre del 1860. il 26 dello stesso mese ci ritrovammo, se la memoria non mi inganna, nei pressi di Teano, noi, Garibaldi sul suo cavallo bianco, e cavalieri dell'esercito regolare piemontese, tutti attendevamo l'arrivo del re Vittorio Emanuele II. Quell'incontro aveva richiuse in se le speranze, le paure di molti e le delusioni di chi aveva nell'animo gli stessi ideali di Garibaldi.
Con l'ingresso a Napoli del re, il 7 novembre e il ritiro di Garibaldi a Caprera finì la storia garibaldina e l'impresa dei mille, ma il sogno di molti fu raggiunto il 17 marzo del 1861: la proclamazione del regno d'Italia. Ricordo la gioia mia e di un mio amico, del quale non ricordo il nome, ma solo il volto smunto e gli occhi neri e tondi, vispi come quelli di un felino, nel salutare il tricolore.


Ora mi sono rimasti solo ricordi, ricordi di un anno grandioso, e ricordi di chi si è perso in battaglia, come è successo a molti, o nelle file del tempo come è successo a me, Agata, Luisa e a quell'amico di cui non ricordo il nome.



Questo è un racconto di ambientazione storica, che presenta una vicenda reale, con personaggi reali, quali Bixio, Garibaldi, Pepe, Pellico, Confalonieri, Mazzini, Pisacane, Bertani, Crispi e Pilo, anche la Società nazionale italiana è realmente esistita, mentre chi narra e gli altri personaggi da egli ricordati, sono frutto della mia fantasia, e rappresentano la generalità di chi, oltre ai nomi noti, ha fatto la storia d'Italia.
Voglio precisare anche che la storia presenta alcune imprecisioni, poiché la narrazione avviene a oltre 50 dall'accadimento dei fatti, quando il narratore è ormai vecchio. Infatti la spedizione di Sapri è avvenuta tre anni prima della spedizione dei mille nel 1857.




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Opera scritta il 01/07/2016 - 09:50
Da Marirosa Tomaselli
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Commenti


Un'Unità non ancora completa, ci voleva poi la prima guerra mondiale a fare l'Italia che abbiamo oggi (a parte piccole differenze territoriali a seguito della 2 guerra mondiale) ma la "Grande Guerra" fu un'altra cosa, alzò infatti di molto il prezzo del processo unitario. Un saluto

Luciano B. 04/07/2016 - 02:05

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Brava cara amica vedo che ti cimenti in vari generi, ora anche lo storico. Molto brava, mi è piaciuto
Nadia
5*

Nadia Sonzini 01/07/2016 - 19:40

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Bella pagina di storia patria, l'ultima azione dell'eroe dei due mondi che portò all'Unità d'Italia.Hai un bel quaderno prezioso, se è vera la partecipazione del nonno o bisnonno a quegli eventi. L'unica amarezza è l'inganno di questa storia che racconto l'unità in un paese sempre più diviso, specchio della UE. 5*

salvo bonafè 01/07/2016 - 17:57

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Un racconto interessante. L'unità d'Italia, quella della storia, ci racconta come fù fatta l'Italia... e forse ne rimane ancora di strada per fare gli italiani... (ma questa è pure una vecchia battuta di allora). Mi piace crede, tuttavia, che gli ideali (e non le ideologie) spingano i nostri giovani a scrivere la loro di storia... Comunque brava e complimenti.

Francesco Gentile 01/07/2016 - 16:57

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