Ricurvo e ciondolante
Il mero cavaliere si destò
Arginando i volteggi delle sabbie dorate
Con la spada intrisa di rugiada
Quando tra le aride radure
Gaudenti fanciulli corsero leggeri
Saltando oltre le pallide rovine
Dei villaggi senza volto.
"Con che cadenza
La goccia scintilla
Sui grevi armeggi
Volti ad un frammento di luce?"
Egli si domandò
il tempo restò immobile
E gli occhi della luna non così sconfinati
Dove la terra tra gli esigui alberi
Ne fu giaciglio
Per memorie sepolte da un antico pianto.
<Il sonno lasciò posto alla mia immaginazione>
"Quanto stride la lama sull'incudine
Scorgo piogge di petali vermigli
Divorare le nude mura
E l'inquietarsi dei venti ergere imponente
La figura dell'amata
E come In un'ardente fiamma
Che tracima dal petto essa mi consuma".
Un'altra notte scemò
Porgendo all'aurora la resa delle stelle
"Perché mai gli uccelli dalle ali candide
Inseguono altri stormi più distanti
In un cielo dall'occhio fulgido?.
Null'altro resta
Se non dedali di parole mute
E il disarmonico pulsare delle mie carni ferite
Ad accompagnarmi nella silente battaglia
Realizzando solo ora
Di essere io stesso
Il farneticante Don Chisciotte.
Opera scritta il 06/11/2016 - 00:12Voto: | su 4 votanti |
Mirko Faes
06/11/2016 - 22:54

Sabry L.
06/11/2016 - 15:24
Mirko Faes
06/11/2016 - 13:57
Mirko Faes
06/11/2016 - 13:55
SILVIA OVIS
06/11/2016 - 13:02 
Francesco Gentile
06/11/2016 - 12:59
andrea sergi
06/11/2016 - 11:59



