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IL FANTASMA DELLA BIBLIOTECA

Pioveva a dirotto e Jenny era di corsa. Avrebbe fatto di tutto pur di trovare un riparo. Come sempre, ogni volta che pioveva a quel modo il paese si allagava. Lì proprio sull'altro marciapiede a pochi passi, o forse sarebbe stato meglio dire a poche bracciate, c'era la vecchia biblioteca. Era un palazzo antico, che sorgeva nella piazza centrale, ed era raggiungibile da più strade laterali. Per questo era stata scelta, ma da due anni, era chiusa. Sospirò, la pioggia aveva preso a cadere ancora più forte. Esitò un attimo, poi attraversò. L'edificio era stato chiuso perché si diceva che lì ci fosse un fantasma. Lei non ci credeva, ma di sicuro non aveva un aspetto accogliente. Sospirò ancora, era zuppa fino al midollo e un posto asciutto era tutto quello che le occorreva.


Entrare era stato più facile di quel che credeva. Fece qualche passo all'interno, l'ingresso era buio e tetro. Sapeva che quando avevano aperto la biblioteca, avevano accatastato i mobili in soffitta, e nelle stanze al piano superiore, che erano chiuse al pubblico, per far posto agli scaffali, che erano stati portati via, quando avevano trasferito la biblioteca, per cui le stanze erano rimaste vuote, allora perché lei continuava ad inciampare nei mobili? Scosse la testa, forse aveva sbagliato ingresso e quella parte non era stata aperta al pubblico, per cui i mobili erano sempre stati lì. Logico no?
<<Chi siete?>> una figura alta, vestita di scuro, con abiti antichi, veniva verso di lei. Il fantasma. Stava per urlare, ma lui le mise una mano sulla bocca, per farla tacere.
<<Calmatevi, e non urlate.>> Jenny si sentiva mancare, la mano di quello strano sconosciuto era grande e forte. Egli la scrutò per qualche istante, poi la lasciò andare, ma in quel momento le forze le vennero meno, e si accasciò a terra.
<<Ah le donne!>> Bofonchiò calandosi per soccorrere quella che per lui era un intrusa.


Jenny riaprì gli occhi, era distesa su qualcosa, un divano? Una chaise longue? Accanto ad un camino, dove c'era un fuoco acceso. Si mise a sedere. Poco distante, elegantemente seduto su di una poltrona, il fantasma la guardava intento.
<<Vi siete svegliata, finalmente!>> Le disse in tono duro.
<<Io...io...lei...tu..voi...>>Il fantasma inarcò un sopracciglio.
<<Siete in grado di parlare? O dovrei interpretare il vostro strano mormorio?>> Jenny lo guardò furiosa. A quanto pareva aveva incontrato un fantasma spiritoso.
<<Chi siete?>> Domandò a bassa voce.
<<Il marchese di Retford. Ma la domanda è chi siete voi?>> Il fantasma sembrava imperturbabile. Ma era poi un fantasma?
<<Em...marchese...siete un fantasma?>> Lui la guardò incredulo e infastidito.
<<Santo cielo...come parlate? Lasciate perdere. I fantasmi sono morti. Io non mi sento morto. Vi paio tale?>> Ma che razza di ragionamento era?
<<Em...marchese...avete un nome di battesimo...come dovrei chiamarvi?...>> Lui la fissò sbalordito.
<<Lord Retford è più che sufficiente.>> Disse indignato.
<<Bene...Lord Retford. Se non siete un fantasma cosa siete?>> Sorrise ironico.
<<Un uomo?>> Suggerì sorridendo.
<<Certo...che sciocca...Ma se non siete morto, cosa mangiate?>> Chiese avendo un lampo improvviso.
<<Mi arrangio.>> Rispose laconico.
<<Come?>>Il marchese scattò in piedi. Sembrava furioso.
<<Certo che siete curiosa, donna! A due isolati da qui, c'è una strana casa. Prendo lì del cibo, se si può definire tale.>> Lei lo guardò.
<<Una strana casa?>>
<<Con molti tavoli e strani arnesi. Si direbbe un circolo.>> E questo spiegava perché da due anni a questa parte, i gestori del bar si lamentavano che durante la notte, sparisse del cibo. Ma se non era un fantasma, aveva forse davanti un pazzo? Doveva scappare? Era pericoloso o solo un po' suonato?
<<Emm...Lord Retford....ecco ora dovrei andare...>> Disse.
<<Vi accompagnerò alla porta.>> Sembrava sollevato e ciò le provocò una strana sensazione, che non seppe definire.


Jenny camminava su e giù per la sua cucina. Aveva una strana sensazione e degli strani pensieri, tutti incentrati sul “marchese”. Chi o cosa, era per davvero? Aveva detto che si procurava il cibo al bar, e questo poteva spiegare i furti...eppure forse potevano esserci altre spiegazioni. Lei non credeva ai fantasmi...e allora, chi era quello? Un pazzo? Certo non poteva essere chi diceva di essere...era così confusa. Cominciò a preparare la cena, poi una strana idea le si insinuò nella mente, e un sorriso incerto le si delineò sul viso.


Era tardi, e ormai era buio, ma i lampioni erano già accesi, ed aveva smesso di piovere per fortuna. Ma come le era venuta quella idea? E perché mai le aveva dato seguito? Ah, ma ormai era lì. Prese il coraggio a due mani, ed entrò per la stessa via della mattina. Il suo passo era incerto e lei si sentiva insicura. Trovò il fantasma nel salotto dove l'aveva condotta la mattina, era in poltrona e la guardava con aria ironicamente accigliata.
<<Buona sera, Miss...? Cosa vi porta di nuovo qui?>>Cosa la portava lì?
<<La cena...volevo sdebitarmi per la vostra ospitalità di stamane e vi ho portato la cena.>> Si sentiva alquanto ridicola, lui la guardava stupito.
<<Vi ringrazio...ma non dovevate.>>
<<Ecco...Lord Retford....non so...ecco...le vostre abitudini, ma ecco...queste sono le mie.>>
<<Come volete. Non sarò io a discutere sull'etichetta, ma dovreste stare più attenta.>> Jenny lo guardò confusa.
<<Attenta?>> Chiese.
<<A non essere fraintesa.>> Disse lui spiccio. Lo incenerì con lo sguardo.
<<Nessuno di quelli che conosco ha una mentalità così bigotta!>> Lui le sorrise, un sorriso che non le piacque neanche un po'.
<<Allora ceniamo.>>


La cena, malgrado le premesse trascorse in modo piacevole e il padrone di casa si mostrò un ottimo oratore, sebbene avessero pochi argomenti in comune. Dopo cena si erano messi a parlare in salotto e lui le aveva raccontato come due anni prima, mentre stava progettando di restaurare la biblioteca, avesse trovato dietro al camino un passaggio che lo aveva condotto nel luogo dove si trovava ora. Le aveva raccontato anche dello sgomento iniziale, provato nel vedere la sua casa devastata, ed utilizzata come una pubblica biblioteca, e di tutti i tentativi, fatti per tornare indietro. Ora, al buio nella sua stanza non poteva fare altro che rimuginare su tale racconto. Era assurdo, ma gli credeva. Si rigirò per l'ennesima volta, domani avrebbe fatto qualche ricerca su lord Retford. Non sapeva spiegarsi né il perché, né cosa precisamente, ma qualcosa del marchese l'aveva colpita.


Continuava a fissare il monitor, incredula. Sul marchese di Retford, il 18° marchese di Retfdord, c'erano pochissime righe e un ritratto. Si diceva che il marchese fosse scomparso nel nulla e che il titolo, era passato ad un altro ramo della famiglia, e che attualmente era ancora in sospeso, ovvero si poteva rivendicare, come la proprietà della casa, ma sembrava non ci fossero eredi. Quello che però l'aveva colpita era il ritratto. A quanto pareva, il 18° marchese di Retford, era tornato nella sua casa. Cosa doveva fare? Scosse la testa. Non poteva fare nulla. Eppure aveva voglia di rivederlo, ma perché?


Alla fine era prevalso l'istinto, ed era uscita di casa. Tenendosi nell'ombra, aveva raggiunto l'ex biblioteca, ed ora era lì, in compagnia del marchese, nel solito salottino. Aveva portato con sé il suo portatile e gli aveva raccontato quello che aveva scoperto.
<<Così avete cercato informazioni su di me, in quella scatoletta?>> Chiese dubbioso ed irritato.
<<Guardate voi stesso.>> Gli disse, mostrandogli la pagina, egli si avvicinò.
<<Alquanto inquietante. Ditemi, perché.>> Ora la fissava apertamente in viso, e non poteva sfuggire al suo sguardo. Il cuore le mancò un colpo.
<<Volevo aiutarvi.>> Disse.
<<E ditemi, avete trovato un modo per farmi tornare indietro?>>
<<È quello che volete?>>
<<Santo cielo! Sono bloccato in questo posto! Vorrei vedere voi. Ah, come sono illogiche le donne!>>
<<Meno di quel pensate lord Arrognaza!>> La rabbia gli distorse il volto, mentre si chinava verso di lei a braccia tese, imprigionandola sul divano dove era seduta. Era così vicino che ne sentiva il respiro e non poteva muoversi.
<<Come avete osato chiamarmi?>>
<<Ecco...siete così arrogante a volte! E io non sono affatto illogica!>> Lui sorrise, un sorriso che le procurò un brivido lungo la schiena, ma non si mosse.
<<Ah, no?>>
<<No. Non ho trovato nulla, per riportarvi indietro, forse dovreste...abituarvi a stare qui...>> Azzardò, ma era difficile tenere una conversazione, quando lui era così vicino.
<<E come?>>
<<Siete mai uscito a fare un giro?>>Gli chiese. Gli occhi di lui si ridussero a due fessure.
<<Che diamine intendete?>> La voce era gelida.
<<Ecco una passeggiata...oppure un giro per locali...prendere un gelato che so...>>
<<Donna, vi siete ammattita?>>
<<Insomma a parte le vostre...visite...al bar, in questi due anni siete rimasto tappato qui?>>
<<Ci sarebbe mancato altro!>> Si allontanò di colpo, perché?
<<Ecco...perché non provate ad adattarvi, a farvi piacere questo posto?>> Lui la fissò come si fissa un insetto fastidioso e questo le fece male.
<<Avete qualche idea suppongo.>>
<<Quelli sono gli unici abiti che possedete?>>
<<Ne degli altri, più eleganti, e per altre occasioni, anche se avrebbero bisogno di una rinfrescata.>>
<<Jeans e camice ne avete?>>
<<Cosa!?!>> Jenny sorrise.
<<Lasciate fare a me, tornerò questa sera...e per favore chiamatemi Jenny e lasciate che io vi chiami per nome....>>
<<Non lo permetterei neanche a mia moglie! Vi ho già detto che il titolo è sufficiente!>>
<<Sarà sufficiente, ma è strano! Non posso certo dire in giro che siete il 18° marchese di Retford, redivivo!>>
<<Me ne pentirò. Herbert. Il mio nome è Herbert, ora siete contenta?>>
<<Herbert...sì.>> il nome di lui aveva un suono meraviglioso da pronunciare.


Herbert era in piedi, davanti a lei, furioso.
<<Non se ne parla! Voi siete pazza!>>
<<Perché? Sono abiti nuovi...>> Lui era indignato.
<<E dovrei accettare abiti da una Donna? Quegli abiti, poi?>>
<<Cosa c'è di strano? E poi cos'hanno che non va questi abiti?>>
<<Cosa c'è di strano? Chiedete cosa c'è di strano? Santi numi si è capovolto il mondo! E poi quegli non sono abiti.>>
<<Per favore, datemi retta...provateli ed uscite con me!>>
<<No.>>
<<Siete testardo come un mulo...>>
<<E voi irragionevole.>>
<<Vi sbagliate...ascoltatemi, il mondo è diverso, ma non potete stare sempre qui...>>
<<Non capite? Io qui non sono nessuno...>>
<<Qui potete essere chi volete. Herbert, vi prego...provate, almeno per stasera.>> Lui prese i vestiti e sparì senza dire una parola.
Quando tornò nella stanza, per poco a Jenny non venne un colpo. Con quegli abiti addosso, era bello, di una bellezza strana, altera, e aveva un fascino incredibile.
<<Allora, sono ridicolo?>>
<<Al contrario siete bello!>> Poi si portò una mano alla bocca. Che cavolo le era passato per la mente? Lui le si avvicinò con un sorriso canzonatorio.
<<Quanta temerarietà Jenny!>> Era la prima volta che la chiamava per nome e il suo cuore mancò un colpo.


Era passato più di un mese dal loro primo incontro, e avevano instaurato una specie di quotidianità. Ogni tanto uscivano anche, dopo la prima volta, lui sembrava si stesse abituando, ma c'erano ancora tanti problemi, e lui doveva ancora nascondersi.
Erano in salotto, come tante sere, lui era bellissimo, ma crucciato, e lei avrebbe voluto toccarlo, ma si limitava a guardarlo senza muoversi o dire alcunché.
<<Dannazione, Jenny! Non posso andare avanti così! Tutti i miei averi, sono finiti il cielo sa dove! E io sono poco più di un'ombra, è come se non esistessi!>> Esplose.
<<Lo so...ma forse potreste dire di essere un vostro discendente?>>
<<E come lo proverei?>>
<<In questa casa...non avete mai trovato dei documenti?>>
<<Documenti....venite con me...>> Disse, prendendola per mano, Jenny si sentì strana, era la prima volta che lui cercava un contatto, e come una scema si sentiva felice.
<<Dove stiamo andando?>> Lui la guidava per corridoi e scale, lì non i era mai stata, neanche quando la biblioteca era aperta.
<<Nel mio studio privato...mi avete fatto ricordare una cosa.>> Entrarono in una stanza buia. Lui la precedette, accendendo un lume, la fioca luce, illumini una stanza severe e molto maschile. Si sentiva intimorita, quel luogo rispecchiava la personalità dell'uomo che aveva accanto. Lo vide spostare un pannello di legno decorato e far scorrere una porticina nel muro, una specie di nascondiglio. Dopo qualche secondo, con un po' di fatica la porta scorse del tutto, e lui tirò fuori una vecchia scatola in metallo.
<<Cos'è?>> Chiese Jenny.
<<È qui che tenevo le mie cose importanti. Dubitavo fosse rimasta.>> La poggiò sulla scrivania.
<<Apritela, forse dentro c'è qualcosa di utile.>>> Gli disse speranzosa. Lo vide afferrare un tagliacarte e forzare la serratura. All'interno c'erano molti documenti, e carte vecchie.
<< Tanta fatica per nulla..carta da bruciare!>>Jenny prese i fogli dalle sue mani.
<<Io non direi...guardate questi, potrebbero essere usati per riscattare la proprietà della casa.>> Lui la guardò.
<<E come la mantengo? E poi siate ragionevole, questo sarebbe il mio atto di nascita, vi pare presentabile?>>
<<Sentite, Herbert, lasciate che vi aiuti, ho un amico in comune, forse potrebbe darci una mano.>>
<<Vi conosco, e so che non mi darete tregua. Contattate pure chi vi pare!.>> Un grande album, che era sul fondo della scatola attrasse l'attenzione di Jenny.
<<Cos'è?>>
<<La collezione di monete di mio padre.>> Jenny afferrò l'album e cominciò a guardarlo, non era un esperta, ma di sicuro quella collezione sembrava vedere.
<<Dovreste farla valutare, potrebbe valere una fortuna!>>
<<Ci penserò. Sentite, Jenny andate a casa ora.>> Jenny gli si avvicinò. Era intimorita dai suoi modi, ma non poteva negarsi che lui le piaceva. Tanto.
<<Lasciatemi restare. Io vi sono amica.>> Lui la guardò dubbioso. Poi l'avvicinò a sé.
<<Ebbene non è un amica che voglio.>> la baciò. Dopo il primo momento di smarrimento lei rispose al bacio con altrettanto impeto, ma quando lui la lasciò libera, corse via. Sentiva di dover riordinare le idee.


Il bacio della sera prima, l'aveva scossa. Ma aveva anche rafforzato in lei la convinzione di volerlo aiutare. E le aveva aperto gli occhi, su i suoi stessi sentimenti. Era agitata. Aveva appuntamento col suo amico, e sapeva che non sarebbe stato affatto facile, perorare la causa che le stava tanto a cuore. Come avrebbe potuto spiegare tutta quella strana ed intricata storia? Ma ci avrebbe provato. Aveva con sé i documenti originali, e una foto del marchese, per confrontarla col ritratto. Una foto, che aveva scattato, durante una delle loro serate, e che le era costata molta fatica, e capacità di persuasione. E che le era infinitamente cara.


Quella sera Jenny si sentiva piena di energia. Aveva incontrato il suo amico, e sebbene non fosse stato facile, alla fine era riuscita a convincerlo. Forse gli aveva fatto pena, ma non voleva pensarci, voleva concentrarsi sul lato positivo e il lato positivo era che quel pomeriggio era andata a ritirare i documenti di Herbert. Ma malgrado fosse contenta, e piena di energia, in fondo al cuore, era anche un po' inquieta. Come sarebbe riuscita ad affrontarlo? Cosa aveva significato quel bacio per lui? Per lei tutto, aveva capito che si era innamorata.


Trovò Herbert nel suo studio. Stava esaminando alcune carte. Non palesò subito la sua presenza, per un po' si concesse di osservarlo, era bello. Tanto bello. Poi lui alzò lo sguardo e la vide.
<<Che fate qui?>>
<<Vi porto buone notizie.>>
<<Pensavo che non vi avrei più rivista.>>
<<Per questo mi avete baciata? Chiese amara.>>
<<No. Quello...era perché desideravo farlo.>> Il cuore di Jenny fece una capriola.
<<Davvero?>> Lui distolse lo sguardo.
<<Jenny...cosa volevate dirmi?>>
<<Ecco...vi ho portato i vostri documenti.>>
<<Com'è possibile?>>
<<Ho parlato col mio amico, ed ha accettato di aiutarvi, sebbene si sia mostrato molto scettico. Ma ci conosciamo da sempre è come un fratello...>>
<<Capisco. Ascoltate Jenny, forse dovrei scusami per avervi baciata. Ma non lo farò.>> Jenny lo guardò apertamente anche se si sentiva arrossire.
<<Non ce ne sarebbe motivo...credo.>>
<<Provo del sentimento e dell'affetto per voi.>>
<<Anch'io, Herbert.>> L'attimo dopo erano uno tra le braccia dell'altra, certi che in qualche modo, se fossero rimasti insieme, sarebbero riusciti a superare tutte le difficoltà che sarebbero giunte, da quel momento in poi.




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Opera scritta il 15/12/2018 - 10:57
Da Marirosa Tomaselli
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