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Lettera a mio figlio

Ciao Daniele,
voglio scriverti questa lettera pensando che un giorno tu la possa prendere in mano e rileggerla nei momenti difficili che ti capiteranno nell’arco della tua vita. L’arrivo di un figlio per i genitori dovrebbe essere sempre un momento di grande felicità e così è stato anche per me e tua madre. Sei nato il 16 settembre dello scorso anno, una domenica in cui tutti eravamo riuniti a pranzo dai nonni materni. All’improvviso, verso le 15, la mamma ha iniziato ad avere dei dolorini al basso ventre e s’è distesa nel letto della zia Carmen. Negli ultimi giorni c’erano state già delle avvisaglie e, anche se non eravamo eccessivamente preoccupati, sono andato a casa nostra a recuperare il borsone con tutto l’occorrente per l’ospedale. Una volta giunto a casa invece mi arriva la telefonata dello zio Mario che mi annunciava che si erano rotte le acque. Ho cercato di non farmi prendere dal panico ed una volta recuperato il borsone ho fatto la strada di ritorno. Sono arrivato alle 15:20 e, dopo aver aiutato la mamma a scendere le scale, siamo partiti immediatamente verso il Policlinico di Catania con la nonna Maria ed il nonno Giovanni. La mamma stava molto male ed urlava mentre io agitavo un fazzoletto bianco chiedendo strada, sappi che quel giorno abbiamo infranto tutti i limiti di velocità! Siamo giunti in ospedale alle 15:40 e alle 15:45 ti tenevo già in braccio. La mamma è arrivata a sedersi su un lettino in sala parto e ti ho visto uscire “al volo”. Avevo ancora le mani tremanti e ho preferito non farti il bagnetto per non correre il rischio di farti cadere. Il giorno dopo in ospedale sono venuti a conoscerti tua sorella Giada e il tuo fratellino Claudio. Dopo due giorni ti abbiamo portato a casa dove ad attenderti c’erano tutti i parenti per una festicciola improvvisata ed abbiamo scattato una bellissima foto di famiglia. Eravamo davvero felici ma il peggio era dietro l’angolo. Le due settimane successive sono scivolate via lentamente senza problemi. Dato che la mamma si occupava di te al 100%, io cercavo di passare più tempo con tua sorella e tuo fratello. Poi un sabato notte hai cominciato a rifiutare il seno e la domenica dopo mangiasti pochissimo. In compenso dormivi tantissimo. Io e tua madre abbiamo associato questo malessere all’influenza che da poco aveva colpito tua sorella. La mattina del lunedì ti trovammo nella culla tutto sudato e con la fronte ghiacciata. Lì a quel punto ci siamo preoccupati veramente, pensai ad una crisi ipoglicemica dovuta al fatto che non mangiavi associato all’acetone, e così ti diedi un po’ di Biochetasi in soluzione zuccherata ma tu rifiutasti pure quella. A quel punto chiamammo la pediatra, la quale venne verso l’una. Quei momenti sono rimasti indelebili nella mia mente. Ricordo il suo viso preoccupato mentre ti visitava, poi sentenziò: “Il bambino respira male, ha una brutta polmonite associato ad una tachicardia, dovete portarlo al più presto in ospedale per fare una lastra”. Ci mettemmo subito in macchina per recarci al pronto soccorso dell’ospedale nuovo Garibaldi. Lì fecero entrare solo tua madre ed io rimasi fuori insieme ai nonni. Dopo un po’ la mamma ci chiama in lacrime e ci comunica che tu eri in pericolo di vita e che ti era stato assegnato il codice rosso. Aspettammo ancora qualche minuto e poi vedemmo uscire la mamma che ci disse: “Mi hanno detto che il bambino è più morto che vivo, ha una tachicardia a 290 frequenza e non riescono a fermarla, hanno provato in tutti i modi, pure con del ghiaccio in faccia! Mi hanno fatto uscire…” Io abbracciai forte tua madre e restammo lì fuori ad aspettare 4 ore, senza più avere nessuna notizia. Non sapevamo neanche se tu fossi vivo oppure eri già morto e noi stavamo sperando inutilmente. Mentre i nonni e la mamma pregavano silenziosamente io pensavo a quelle due settimane che eri stato con noi. Avevamo passato veramente poco tempo insieme e sentivo di non essere stato un buon padre, oltre naturalmente ai sensi di colpa per non essermi accorto di quanto fossero gravi i tuoi sintomi. In quel momento avrei dato la mia vita in cambio della tua e promisi a me stesso che se tu ce l’avessi fatta non ti avrei più trascurato e che sarei stato sempre accanto a te. Alle 18 uscì una dottoressa, dalla sua faccia non trapelava nessuna emozione, ci disse di entrare e di attendere in una stanza. Anche lì aspettammo 15 minuti in silenzio, io guardavo nei tuoi occhi tua madre e le ripetevo: “Non m’importa se ha riportato danni cerebrali o in altri organi, vorrei tanto che fosse vivo per stringerlo, baciarlo e toccarlo ancora”. Entrarono due dottoresse e si sedettero di fronte a noi, poi ci diedero notizie, alternandosi a vicenda: “Il bambino è vivo, lo abbiamo stabilizzato, inizialmente non rispondeva a nessuna manovra vagale, allora abbiamo provato con l’adenosina endovena, niente, la frequenza restava sempre elevatissima e aveva una brutta ipercapnia. A quel punto abbiamo dovuto fare la cardioversione elettrica. Ci siamo messi in comunicazione con l’ospedale di Taormina e appena arriva l’autoambulanza lo trasferiamo nel reparto di terapia intensiva.” Purtroppo le dottoresse non erano in grado di dirci se avevi subito gravi danni cerebrali e se saresti comunque sopravvissuto nelle prossime ore. Però eri vivo! E questo per il momento ci bastava. Strinsi forte la mano di tua madre. Aspettammo ancora un’altra ora, poi ti vedemmo passare dentro una incubatrice. Eri sedato, disteso con le braccine aperte e con un tubo in bocca per l’ossigeno, bianco in faccia come un cero, sembravi un altro bambino rispetto a quello che avevamo lasciato la mattina. Seguimmo l’ambulanza fino a Taormina. Aspettammo un’altra ora dietro la porta della terapia intensiva in attesa di notizie. Poi uscì un anestesista che ci disse che ti avevano fatto un ecocardiogramma e che la funzionalità del cuore era fortemente depressa, naturalmente eri imbottito di farmaci. Per i danni eventuali, avremmo dovuto aspettare altri accertamenti nei giorni a venire. Alle 22 ci fecero indossare calzari, cuffia e mascherina e finalmente io e tua mamma potemmo vederti. Ti toccai la manina, eri immobile e avevi gli occhi chiusi, tua madre piangeva ma io ero sicuro che ce l’avresti fatta ad uscire fuori da questa situazione. Andammo a casa e non dormimmo tutta la notte, alle 6 del mattino chiamai in ospedale per avere tue notizie. Sfortunatamente ci dissero che avevi avuto un altro attacco di tachicardia e che ti avevano dovuto cardiovertire elettricamente un’altra volta. Crollammo allora nuovamente nello sconforto ed io persi la fiducia lasciandomi andare ad un pianto dirotto mentre accompagnavo Giada e Claudio a scuola. La storia più o meno si ripetette nei giorni a seguire, alternavi momenti in cui stavi bene a momenti in cui venivi colto da questi attacchi di tachicardia a 290 di frequenza. Noi potevamo vederti solo un’ora il tardo pomeriggio, fra le 18 e le 19. Poi, grazie ad un bravissimo dottore, arriva finalmente la diagnosi giusta: “Tachicardia parossistica sopraventricolare da rientro neonatale” ed iniziano la cura mirata con dosi massicce di amiodarone e betabloccante. Dopo una settimana ti trasferirono in reparto di cardiochirurgia pediatrica e lì potevamo stare con te tutto il giorno, seppur uno alla volta, alternandoci con dei turni. Abbandonai il lavoro e mi dedicai a te, abbiamo passato molte notti insonni insieme. Il tuo sguardo intanto era cambiato, adesso mi fissavi negli occhi e sembrava che fossi cresciuto velocemente. Hai ripreso a mangiare con grande appetito e questo ci infondeva coraggio. Nel frattempo gli esami a poco a poco andavano escludendo lesioni ad altri organi ed il cuore lentamente stava riacquistando la sua forza contrattile. Abbracciarti, baciarti e tenerti in braccio era un problema con tutti quei fili che avevi attaccato al petto, inoltre avevi un accesso venoso al braccio ed uno al piede ed un sondino nel naso. Intanto i giorni passavano e tuo fratellino Claudio, che inizialmente rientrando da scuola guardava nella culla per vedere se fossi tornato, perse l’abitudine ma io e la mamma preferimmo non fargli mai vedere le tue foto per non impressionarlo. A Giada invece le dicemmo che eri in ospedale perché avevi la tosse e lì ti curavano meglio. Finalmente dopo due mesi sei ritornato a casa ed hai potuto passare il Natale con noi. Adesso dovevo occuparmi io della tua cura ed ho imparato velocemente a prepararti i farmaci in soluzione, che prendi 4 volte al giorno, ed è un impegno che svolgo ormai da 6 mesi e che continuerò per altri 5. Ad ottobre sarai sottoposto a dei test per vedere se sei guarito o in futuro dovrai affrontare un delicato intervento chirurgico al cuore. Io sono speranzoso ed insieme a tua madre, tuo fratello e tua sorella, ti saremo sempre accanto. Con il tuo sorriso ci riempi le giornate e non potremmo fare a meno di te. Il medico alla dimissione ci disse che saresti stato un bambino con una-due marce in meno, a noi sembra invece che di marce nei hai due in più quando ti vediamo camminare nel girello. Sono orgoglioso d’averti messo al mondo e quando ti guardo negli occhi vedo che hai tanta gioia di vivere. Sorridi sempre e questo è il tuo marchio. Ringrazio i medici di Taormina che ti hanno curato e i medici di Catania che quel giorno di ottobre ti hanno salvato la vita, regalandomi quella seconda possibilità in cui speravo tanto. La mia vita è la tua, te l’ho promesso, e ti amerò per sempre.



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Opera scritta il 07/05/2019 - 12:01
Da Seby Flavio Gulisano
Letta n.1026 volte.
Voto:
su 7 votanti


Commenti


Ciao Giuseppe, grazie per il tuo apprezzatissimo commento fiume. Quando ho visto il tema del mese non ho avuto alcun dubbio, ormai erano trascorsi vari mesi dall'accaduto e quindi ho trovato il coraggio di mettere tutto su carta. Potevo anche tenere questa lettera per me e farla leggere un giorno a mio figlio ma penso che esperienze come questa possano aiutare e dare coraggio a chi si trova in situazioni simili. Molte cose ho omesso per non rendere più drammatiche certe situazioni. Purtroppo quando si entra in un ospedale è come se si varcasse la soglia di un'altra dimensione, ci sono malattie terribili e tanta sofferenza. Quando queste toccano bambini e neonati è difficile apprezzare la vita e tenere un atteggiamento positivo. Mio figlio è un miracolo, come hai detto tu, ma la vita in se stessa lo è. Daniele è sopravvissuto ma non era di certo più meritevole rispetto ad altri bambini che non ce l'ha fatta ed il pianto dei genitori ancora mi tormenta in certi incubi notturni.

Seby Flavio Gulisano 02/06/2019 - 21:25

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... per interminabili attimi mi sono fatta cassa risonanza dei tuoi sentimenti ed ho avvertito un senso di ammirazione per te e per voi. E pensare che un giorno farai leggere questa lettera a Daniele. Tu e tua moglie gli avete dato la vita per poi quel tenere in vita fondamentalmente è stata una Rinascita con R maiuscola.
Seby, scusami se mi sono dilungato, timbro questa lettera con cinque stelle d'oro. Lodevole, lodevole componimento epistolare.
Ti auguro buona domenica.

Giuseppe Scilipoti 02/06/2019 - 09:03

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infatti tra le tante cose, solo un padre e una madre possono arrivare a tanto, anzi, a tutto. Anche a dare la propria vita. La tua lettera è un eccellente esempio oltre le esperienze vissute da te e dalla tua famiglia. Dure prove che ancora perdurano ma che verranno superate, perchè l'unione fa la forza e genera amore.
Che altro dire?
Al termine della lettura mi hai lascito senza fiato, senza fiato e ancora senza fiato... (segue commento)

Giuseppe Scilipoti 02/06/2019 - 09:00

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non lascia dubbi sulla tua essenza che fa rima con presenza.
So che non sei credente ma lasciatelo dire, per me è avvenuto un miracolo. La Medicina ha fatto il suo, non lo nego ma resto pure ancorato a ciò che ti ho appena detto.
Da menzionare le marcate righe finali che impreziosiscono questa lettera che sarebbe da incorniciare d'oro per quanto mi è strapiaciuta, inoltre l'inizio della lettera rende perfettamente l'idea del mestiere "Genitore", infatti... (segue commento)

Giuseppe Scilipoti 02/06/2019 - 08:53

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Una lettera scritta a "cuore aperto" intensissima del resto giusto per accentuare ancora il genere epistolare è la massima espressione letteraria per esporre i propri sentimenti, di qualunque natura essi siano, come in questo caso, come già detto righe personali che hanno la capacità di trascinare chi ti legge.
Riscontro poi una lucida e amorevole constatazione. Altrettanto presente è una forza umana, una sorta di animo battagliero che (segue commento...)

Giuseppe Scilipoti 02/06/2019 - 08:48

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Ciao Seby, sto scrivendo questa recensione con gli occhi lucidi, quanto ho appena letto è una delle lettere d'amore più belle lette in vita mia. Amore filiale rappresentato attraverso il genere epistolare e autobiografico.
Il rievocare dei travagliati trascorsi che lasciano su di te e sul lettore una forte emozione tra lacrime e dispiacere, ricordi fermi nel tuo cuore e dei tuoi cari che nemmeno il tempo potrà cancellare e che in questa scrittura non può che immortalare. (segue commento...)

Giuseppe Scilipoti 02/06/2019 - 08:45

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E comunque Ernesto se vuoi fare un discorso tecnico sul racconto sentiti libero di farlo. Il tema del mese è chiaro: scrivi una lettera a qualcuno o a qualcosa vero o immaginario. E' chiaro che se scrivi una lettera a qualcuno di vero, che sia tuo figlio, un amico o il presidente delle Repubblica, devi mantenerti nell'ambito della realtà. Diversamente se scrivi ad un personaggio immaginario puoi giostrare di più con la fantasia. Alcuni invece hanno scritto la lettera immedesimandosi in un personaggio immaginario, idea lodevole e che a me sinceramente piace, ma così facendo sono usciti dai canoni richiesti dalla scrittura creativa del mese. Sono curioso di sapere se sei d'accordo, caro Ernesto. Un abbraccio.

Seby Flavio Gulisano 08/05/2019 - 10:06

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Albero ed Ernesto, siete voi che con i vostri commenti mi fate commuovere! Grazie di cuore!

Seby Flavio Gulisano 08/05/2019 - 09:50

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Scusa il ritardo. Ho chiesto il permesso preventivo ad un discorso più tecnico sul concetto di racconto che magari faremo un'altra volta perchè qui vale molto di più in contenuto che riguarda il tuo caso ma anche tanti altri bambini cui auguro la stessa attenzione e cura di tuo figlio. Ciò detto, l'essenza del tuo dire coglie nel cuore chi è padre come me e provoca una emozione intensa. Ma il tuo Daniele è fortunato per avere intorno tanto affetto e competenza.

Ernesto D'Onise 08/05/2019 - 09:06

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Un bel racconto. Mi è piaciuta molto l'ultima frase che mi ha colpito molto, e secondo me è significativa. La vita di un figlio deve essere la vita di un genitore.
Quest'ultima frase del racconto mi ha commosso. Saluti

Alberto Berrone 08/05/2019 - 00:06

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Grazie Margherita per le belle parole.

Seby Flavio Gulisano 07/05/2019 - 23:47

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Speciale lettera...colma d'amore e di tenerezza che lascia impronte profonde su chi ti legge. La vita è un dono meraviglioso...la vita è Daniele. Complimenti mi hai commossa profondamente!

Margherita Pisano 07/05/2019 - 22:30

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Grazie Laisa!

Seby Flavio Gulisano 07/05/2019 - 20:37

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emozionante
la fragilità di un bimbo e l'amore grande intorno a lui, ma impotente.
In bocca al lupo Daniele, hai davvero una bella famiglia!

laisa azzurra 07/05/2019 - 20:33

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Grazie per i commenti che mi avete lasciato. Ernesto, certo che puoi esprimere un giudizio, ci mancherebbe...

Seby Flavio Gulisano 07/05/2019 - 20:27

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Posso chiederti il permesso di dare un giudizio senza aggettivi e superlativi?

Ernesto D'Onise 07/05/2019 - 18:05

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Struggente veramente struggente, e complimenti per la tenacia che non tutti riescono a possedere in qualunque momento

Luca Di Paolo 07/05/2019 - 16:38

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Bella, scritta con l'amore di un padre...che poi non è così scontato, non tutti i genitori amano i figli e viceversa.

Grazia Giuliani 07/05/2019 - 13:45

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