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GLI SCHERZI DEL DESTINO

Le urla dei bambini la riportarono bruscamente alla realtà. Adorava i bambini, non per nulla era diventata maestra, ma a volte si chiedeva come mai i bambini al mare, sembravano non avere mai i genitori. Lasciati a se stessi, a spostarsi da un ombrellone all’altro, senza mai una vera guida, come se sulla spiaggia, non ci fossero pericoli, quasi la spiaggia fosse un mondo a sé, una piccola isola felice, dove non arrivava il male. Eppure non era così. E lei lo sapeva bene. Quando era piccola, insieme alla sorella si erano perse. E all’inizio era stata un’avventura. Libere di esplorare un lido che non era il loro, tanto cosa mai poteva accadere? Gli ombrelloni avevano un colore diverso, certo, ma le sdraio i lettini, gli altri bambini vocianti, era tutto come da loro. E poi prima o poi le avrebbero trovate, in fondo anche se non sapevano come tornare, i loro genitori erano solo al lido affianco. Rabbrividì a quei ricordi, ma questa volta, non riuscì ad allontanarli. Lei e la sorella che correvano verso il mare, tanto avevano i braccioli, che si erano messe frettolosamente, pur di entrare in acqua. Sempre loro che giocavano a schizzarsi, mentre dei ragazzi più grandi a pallanuoto. Tutto normale, non capivano che erano troppo vicini, e come avrebbero potuto? Il pallone che sfugge di mano, sua sorella di tre anni più piccola di lei, che viene colpita, mentre, i braccioli le scivolavano via dalle braccia, lei ancora toccava, la sorella no, e senza saper nuotare, e senza i braccioli che galleggiavano inermi attorno a loro allontanandosi, stava sprofondando in acqua. Lei era paralizzata. Cosa poteva fare? Non si erano accorte, di essersi allontanate troppo dalla riva. Fortunatamente, il ragazzo che aveva perso il controllo del pallone, aveva visto tutto. Lui sapeva nuotare, e riuscì a recuperare sua sorella, appena in tempo.
Tutti e tre tornarono a riva. Ma loro non avevano genitori arrabbiati ad aspettarle, come aveva pensato il ragazzo e neanche avevano un ombrellone sotto il quale tornare. Erano di un altro lido. Ricordava di averlo detto al ragazzo, ma non sapeva quando fosse accaduto. Ricordava di aver pianto. E poi che lui le aveva portate al loro ombrellone, dove c’era la madre, una maestra, donna dolce e simpatica, che aveva saputo calmarle. E così, tra l’angoscia e la paura, mentre la donna le impiastricciava di crema, perché dopo quello che avevano passato “ci mancava solo un’insolazione” loro avevano raccontato del loro lido, con gli ombrelloni rossi e blu, pensando che fosse quello affianco, ma scoprendo di essere a due lidi dal loro.
Fortunatamente la loro storia era finita bene, alla fine erano tornate, dai genitori, che erano preoccupati, e che stavano perlustrando tutto il lido, ignari di quanto lontane fossero riuscite ad arrivare, mentre cercavano conchiglie lungo il bagnasciuga.
Forse era stata quella brutta esperienza, ad insegnarle che anche il posto in apparenza più sicuro al modo, potesse celare dei pericoli e a farle desiderare di poterlo insegnare a sua volta agli altri, in modo che tali pericoli si potessero evitare. Da lì a voler diventare maestra il passo era stato breve.
E malgrado tutto ogni anno avevano continuato a tornare in quella spiaggia, con i loro genitori, e ogni anno si ritrovano con Ada e suo figlio Carlo, che aveva solo sei anni più di lei, ma che le aveva salvate. Era una bella amicizia ma ad un certo punto era finita. Era finita quando lei aveva cominciato ad andare alle superiori e lui era già all’università. Lei aveva finito per preferire la campagna, perché una sua compagna di classe aveva una grande casa in campagna, e ogni anno l’invitava, e così i periodi lontano dal mare avevano cominciato ad allungarsi ed un giorno aveva smesso di raggiungere i suoi, nella casa al mare. Loro e la sorella andavano lì a passare le poche settimane che avevano libere ad agosto, lei rimaneva a casa della sua migliore amica.
E anche da adulta non era più tornata al mare, fino a quel momento, per uno strano scherzo del destino.
Avevano deciso di vendere la casa al mare, nessuno riusciva ad andarci più regolarmente, i suoi erano anziani, sua sorella si era trasferita all’estero, e lei non aveva interesse. Ciò nonostante toccava a lei doversene occupare e così, dopo tanti anni, si ritrovava al mare, ad agosto. Il solito lido non aveva posto, ed erano anni che i suoi non riservavano più l’ombrellone di quando erano bambine, così si era trovata a dover accettare l’unico posto disponibile: nel lido dove tanti anni prima era stata salvata da Carlo e sua madre. Certo il destino era dotato davvero di un’ironia sottile e tagliente. Una tempesta di sabbia la inondò dalla testa ai piedi. Scattò a sedere, mettendo da parte i ricordi e le sue fantasie. La responsabile della tempesta, era una bambina, sorridente con i codini e le guangiotte rotonde, che non poteva avere più di tre, quattro anni. Sembrava sola. Tanto per cambiare. Stava per chiederle dei genitori, ma la bambina fu più veloce.
«Scusa. Papà ha detto di fare atten…attenzone! » La bambina, aveva con se secchiello, palette, e un’infinità di altri giocattoli, che partivano dall’ombrellone accanto, e finivano quasi al suo. E lei non si era accorta che l’altro ombrellone fosse stato aperto. Quindi la bambina non si era persa, ed aveva un padre.
« Dov’è ora tuo padre, tesoro?»
« A compare la colazione. » L’ombrellone era a metà strada tra il lido e il mare, il rischio era quasi calcolato. Quasi, pensò lei.
« Ma ti ha lasciata qui sola, non è pericoloso? » Chiese con lo stesso tono con cui spiegava i pericoli del mondo ai suoi piccoli alunni. La bimba scosse la testa.
« No. Non è peicoloso se non mi allontano dall’ombrellone. Da qui lui mi vede. Eccolo. » Istintivamente si ritirò sul lettino, afferrando il suo pareo che era scivolato via. Con la coda dell’occhio aveva visto una sagoma maschile che si stava avvicinando.
«Erica, sei proprio tu? Non posso crederci dopo tutti questi anni! » Rimase spiazzata sentendosi chiamare per nome. Lentamente si girò verso quello che altri non era che uno sconosciuto. Un bellissimo sconosciuto. Dall’aria solo vagamente familiare. Chi poteva essere? I suoi occhi erano freddi, vagamente tristi ed erano azzurri…
« Carlo? » Chiese sbigottita. Non poteva essere davvero lui, sicuramente aveva preso un abbaglio. E il suo cuore mancò un colpo.
«Proprio io. Non sei cambiata. » Non poteva dire lo stesso di lui. Da ragazzo era carino, ma scialbo, soprattutto paragonato a ciò che era diventato.
« Sei sposato. E hai una figlia bellissima.» Commento più idiota non poteva farlo.
«Grazie, per mia figlia. Purtroppo non sono sposato, sono vedovo.» ‘Bravissima Erica!’ si complimentò mentalmente. ‘Stupido commento e pessima figura! Non potevi far meglio!’
«Mi dispiace.» Disse ad occhi bassi.
« Mica potevi sapere. Come stanno i tuoi? Negli ultimi anni, si vedono poco.»
«Stanno bene, ma non sono più giovanissimi, stavamo pensando di vendere la casa al mare.»
« È un peccato! Sei qui per questo?»
«Sì. Sono qui per vedere quel che si può fare, organizzare un po’ di cose, e alla fine, ho pensato di godermi un po’ di sole.» Ma dubitava che fosse stata un’idea brillante. Quasi la rimpiangeva.
«Hai fatto bene! Spero che ti fermerai un po’. Domani viene anche mia madre. Sarà felice di rivederti.» anche lei avrebbe voluto rivederla. Ma in realtà quello per lei era l’ultimo giorno.
«Oh, allora la vedrò con piacere.» Lei per prima si sorprese della sua frase. Ma in fondo uno o due giorni in più non cambiavano nulla, no?
«Perfetto allora. E scusa se mia figlia ti ha infastidito.» Lei scosse la testa.
«No, no, figurati. Anzi, mi ha fatto piacere conoscerla.»
«Mi fa piacere. Alice sa essere un vero terremoto. Ma l’adoro. » E si vedeva, pensò Erica. Parlarono ancora per qualche minuto, mentre Alice giocava sulla sabbia. Poi la piccola espresse il desiderio di fare il bagno, e così Carlo, si scusò e si congedò da lei, per fare il bagno con la figlia. In realtà l’avevano invitata, ma lei aveva rifiutato. Le sarebbe sembrato di essere di troppo, in quel quadretto famigliare. Ma mentre padre e figlia, sparivano tra gli ombrelloni, mano nella mano, non poteva fare a meno di pensare che fossero belli insieme. Le aveva fatto uno strano effetto rivedere quello, che per un certo periodo della sua vita era stato il suo migliore amico. Rivedendolo, aveva realizzato che le era mancato, sebbene in tutti quegli anni si fossero persi di vista. Ma ancora non aveva il coraggio di analizzare fino in fondo i suoi sentimenti.



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Opera scritta il 25/08/2021 - 21:39
Da Marirosa Tomaselli
Letta n.451 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


Un bel racconto scorrevole e piacevole da leggere e con una grande lezione di vita…perfettamente inerente al tema del mese. Ciao

Anna Rossi 30/08/2021 - 05:19

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