L'invito diceva: „ È una festa a sorpresa, non puoi mancare! “ .
L'indirizzo era quello di una casa in centro, un grosso cubo di tre o quattro piani, forse pi alto che
largo, non ricordo bene.
Si diceva fossero state invitate le donne più belle della zona, ci sono andato per loro.
Entrando ci si trovava in un atrio alto quanto tutta la casa e quasi altrettanto ampio, scale in
mogano laccato salivano verso balconate interne che a loro volta davano il via alle scale dirette al
prossimo piano e ai suoi balconi, cosa strana, su quei balconi non si vedeva nessuna porta,
nessuna, a parte quella all'ultimo piano.
Mi ricordo di bellissime gambe di donna che si intravedevano guardando in alto, così sono salito
anch'io, naturalmente, per avvicinarmi a quelle visioni.
Subito mi sono trovato con alcune di loro, e insieme, ridendo, bevendo, giocando, siamo saliti
sempre più su, fino all'ultimo balcone, fino all'unica porta in casa, a parte quella da cui si era
entrati.
Era il punto più alto, era certamente l'uscita verso quello che noi tutti immaginavamo
essere una grande terrazza piena di sole e musica, il cuore della festa che ci aspettava.
Così, senza alcun dubbio, ho oltrepassato per primo la porta:
davanti a me una terrazza vuota, un grande spazio senza musica senza persone, senza un suono.
Da non credere! Mi sono girato per condividere la mia sorpresa, la delusione, e non ho trovato
nessuno, non c'erano più! Le meravigliose gambe non mi avevano seguito, e anche le scale
non c'erano più, e neanche la porta, forse nemmeno la casa.
C'era solo la terrazza con tutto il suo spazio, ma solo lei.
Tutt'intorno una ringhiera segnava per fortuna un contorno che aiutava a non perdersi del tutto in
quella visione così innaturale, mi ci sono avvicinato: sotto di me la strada che porta alla piazza
del paese, così come me lo aspettavo, un po' tranquillizzato ritorno sui miei passi, verso una porta
che non vedo più, sono confuso, ho bisogno di capire, torno alla ringhiera, la strada è ancora lì, e
ci sono anche due signore un po' anziane che vanno a passeggio, le chiamo, non sentono, alzo la
voce ma non sentono, stanno per svoltare l'angolo verso la piazza, grido più forte che posso, e
finalmente alzano la testa verso di me, e come dire? Mi guardano senza vedermi, lo leggo dalle
loro labbra, lo vedo nei loro occhi, lo capisco dalle oscillazioni delle loro teste. Non mi vedono,
possono solo intuire la mia presenza, ma non vedermi. „Povera anima“ mi dicono, „ non sei più dei
nostri, non te la prendere, succede a ognuno di noi, non cercare di tornare, rilassati“
L'indirizzo era quello di una casa in centro, un grosso cubo di tre o quattro piani, forse pi alto che
largo, non ricordo bene.
Si diceva fossero state invitate le donne più belle della zona, ci sono andato per loro.
Entrando ci si trovava in un atrio alto quanto tutta la casa e quasi altrettanto ampio, scale in
mogano laccato salivano verso balconate interne che a loro volta davano il via alle scale dirette al
prossimo piano e ai suoi balconi, cosa strana, su quei balconi non si vedeva nessuna porta,
nessuna, a parte quella all'ultimo piano.
Mi ricordo di bellissime gambe di donna che si intravedevano guardando in alto, così sono salito
anch'io, naturalmente, per avvicinarmi a quelle visioni.
Subito mi sono trovato con alcune di loro, e insieme, ridendo, bevendo, giocando, siamo saliti
sempre più su, fino all'ultimo balcone, fino all'unica porta in casa, a parte quella da cui si era
entrati.
Era il punto più alto, era certamente l'uscita verso quello che noi tutti immaginavamo
essere una grande terrazza piena di sole e musica, il cuore della festa che ci aspettava.
Così, senza alcun dubbio, ho oltrepassato per primo la porta:
davanti a me una terrazza vuota, un grande spazio senza musica senza persone, senza un suono.
Da non credere! Mi sono girato per condividere la mia sorpresa, la delusione, e non ho trovato
nessuno, non c'erano più! Le meravigliose gambe non mi avevano seguito, e anche le scale
non c'erano più, e neanche la porta, forse nemmeno la casa.
C'era solo la terrazza con tutto il suo spazio, ma solo lei.
Tutt'intorno una ringhiera segnava per fortuna un contorno che aiutava a non perdersi del tutto in
quella visione così innaturale, mi ci sono avvicinato: sotto di me la strada che porta alla piazza
del paese, così come me lo aspettavo, un po' tranquillizzato ritorno sui miei passi, verso una porta
che non vedo più, sono confuso, ho bisogno di capire, torno alla ringhiera, la strada è ancora lì, e
ci sono anche due signore un po' anziane che vanno a passeggio, le chiamo, non sentono, alzo la
voce ma non sentono, stanno per svoltare l'angolo verso la piazza, grido più forte che posso, e
finalmente alzano la testa verso di me, e come dire? Mi guardano senza vedermi, lo leggo dalle
loro labbra, lo vedo nei loro occhi, lo capisco dalle oscillazioni delle loro teste. Non mi vedono,
possono solo intuire la mia presenza, ma non vedermi. „Povera anima“ mi dicono, „ non sei più dei
nostri, non te la prendere, succede a ognuno di noi, non cercare di tornare, rilassati“

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