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Cadendo nel sonno

Dopo una lunga giornata, sotto il sole e in mezzo alla vita, si ritorna a casa. È già calata la notte e un nuovo sole presiede nel cielo, ma più candido, più indulgente, con viso umano.
Ognuno di noi finalmente si siede sul suo dolce letto, nei suoi bordi. Ci portiamo le mani alla faccia, stringiamo le tempie, ci sforziamo di mandare giù un'altra giornata che, in fondo, era insensata.
Sparisce ogni colorito, ogni accenno di sorriso, tutto si tramuta. Osserviamo il cielo stellato e il cuore si fa più stretto nel petto, quasi ad imitare quei puntini che vediamo, quasi come se il nostro torace fosse una cupola celeste. E riaffiorano i dolori del tempo, senza preavviso, sgorgano dallo stomaco e zampillano fino al cervello, come una fontana. Che assurdità, tutto ciò: fiati di vento, nebulose stellari, la terra da cui fioriscono le piante, da cui fioriamo noi.
Tra un tocco di cannone e l'altro-da dove vengono questi spari?-ci distendiamo sui nostri morbidi letti, rigando le guance di lacrime che scendono lente, come lumache che lasciano la loro traccia bavosa.
E, quando toccano le nostre labbra, dimentichiamo e cadiamo nel sonno soddisfatti, incantati, liberi dall'obbligo di esistere.



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Racconto scritto il 28/07/2015 - 02:27
Da Gianluca Geraci
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