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IL BISBIGLIO

IL BISBIGLIO


Forse la colpa era da addebitare a me.
Quell’estate Clara aveva preso l’abitudine di andare ogni giorno in spiaggia, prelevata da Tea con la sua coupé blu.
Mi faceva piacere che si svagasse un po’, dopo il suo pensionamento avventatamente anticipato per presunti motivi di salute.
Le due “colleghe” non avevano più riaperto l’agenzia turistica, dopo la dolorosa esperienza, e collaboravano saltuariamente e svogliatamente al lavoro mio e di Gianni in erboristeria.
Tutto sommato, la loro collaborazione era inaffidabile per disponibilità e impegno. Invece Gianni apriva prima delle sedici e chiudeva dopo le venti. Io al mattino aprivo prestissimo, accogliendo con cordialità le “oche”, così battezzate dalla gelosia di Clara, ma che in effetti erano donne di mezz’età che non si rassegnavano al passare degli anni.
Per me era l’occasione di vender loro di tutto: dalla improbabile crema antirughe alla pomata rassodante, all’elisir dimagrante, al sale da bagno rilassante, alla tisana “tonificante” da condividere col partner.
A chi mi chiedeva che cosa significasse “tonificante” rispondevo candidamente che significava “dar tono”, accompagnando le parole con un accenno di gesto che loro coglievano al volo.
Ridacchiavano. Se erano in compagnia, ridevano sfacciatamente. E compravano, compravano, senza badare a spese. Da parte mia elogi sperticati:
- Lei ringiovanisce di giorno in giorno… Porta benissimo i suoi quarantacinque anni! Ma che dice? Sono di più? Al massimo quarantasette!... Oh, signora, quanto è dimagrita! No? Ma che bilancia usa? La nostra è esattissima, la provi (ovviamente era taroccata).
Insomma, avevo un mucchio di frasi fatte e di espedienti per lasciarle contente. Tuttavia penso che venissero principalmente per chiacchierare e… comprare!
Naturalmente, in presenza di Clara o di Tea, non potevo corteggiarle così, quindi quella nuova abitudine del mare aveva i suoi vantaggi.
Clara sapeva abbronzarsi e mi risultava sempre più piacente. Inoltre profumava di salsedine, altro che unguenti!
A pranzo mi raccontava qualche pettegolezzo ascoltato. Io mi annoiavo, perché sapevo che in genere erano balle o piccole verità gonfiate. Un giorno, stanco di ascoltare banalità, ebbi l’infelice idea di suggerir loro la pubblicazione di un giornalino periodico.
- Dici? – chiese Clara.
Compresi immediatamente che avevo messo in moto un meccanismo pericoloso e provai a dissuaderla. Mi replicò:
- No, no, è un’idea splendida! Ne parlerò con le altre….
Un mese dopo era tutto fatto: redazione, registrazione, capitale sociale, accordi per la pubblicità, ecc. ecc.
- Manca solo il nome! – diceva con rammarico Clara, - Non siamo riuscite a metterci d’accordo, perché dev’essere intrigante ma fine, suggerire, ma non millantare, stuzzicante ma non provocatorio… Insomma, un nome speciale.
- Che te ne pare de “Il bisbiglio”?
La mia Claretta si alzò, mi abbracciò e baciò:
- Mi piace un sacco, penso che sarà accettato.
- Dì che te l’ho suggerito io: vedrai che a Tea e a Sandra piacerà!
Mi fulminò con uno sguardo pieno di gelosia, ma corse al telefono.
“Il bisbiglio” fu accettato.
Non so come le comari ci riuscirono, ma il successo del giornalino fu notevole. Tea era il redattore responsabile, Clara ebbe la rubrica sociale.
* * *
Più la vendita e gli abbonamenti procedevano, più le redattrici osavano.
Pettegolezzi vaghi e suggestivi, ma che appassionavano i paesani. Emergevano verità a lungo sussurrate o malamente celate, scandaletti da due soldi o critiche e meraviglie inconsistenti: Il dirigente scolastico che cercava di trasferirsi nella stessa sede della convivente, una coppia con figli che finalmente decideva di sposarsi e “mettersi in grazia di Dio”, la scoperta che un fidanzamento finito dieci anni prima nascondeva non un giovanotto gay, ma una ragazza lesbica, oppure la scandalosa novità che la sorella di una fervente donna cattolica viveva con i proventi del suo mestiere di squillo.
Per fortuna Clara aveva la sua rubrica sociale, molto più edificante. Tuttavia mi allarmavano le sue critiche, prima velate, poi sempre più manifeste, agli amministratori locali, poi ai politici provinciali e regionali. I miei inviti alla prudenza, espressi a Clara e poi anche a Tea e a Gianni, sortivano soltanto l’effetto contrario.
Quando Clara sovrappose gli scandali alle critiche sociopolitiche, a qualcuno sembrò che la misura fosse colma.
Così accadde che alla sede del giornalino fossero recapitate due strane buste. Clara venne al negozio e mi chiese di chiudere subito e tornare a casa. Era molto seria e triste.
Nel soggiorno si buttò sulla sua poltrona preferita e mi porse una busta aperta: conteneva soltanto un piccolo proiettile.
- Hai pestato qualche callo troppo grosso. – commentai.
- Che devo fare?
- Due cose: la denuncia ai Carabinieri e interrompere la rubrica per un po’.
Clara è vivace e testarda, ma non scema, così approvò subito i miei consigli. Intanto suonarono il campanello e dal videocitofono vidi che erano Tea e Gianni. Li feci accomodare, notando gli occhi rossi di lei e l’espressione preoccupata di lui. Poi Tea tirò fuori la sua busta, estraendo ben due proiettili. Gianni disse:
- Ma che c’entro io? – attirandosi uno sguardo furibondo da parte della consorte.
Per consolarli, li invitai a pranzo, con grande compiacimento di quella ghiottona di Tea. Ovviamente cucinai piuttosto grasso e salato. Nel frattempo le due “colleghe” avevano deciso: una chiusura del giornalino per tre settimane di ferie, un cambio nella veste tipografica, la nomina di caporedattrice responsabile a Sandra e una rubrica sulle diete a Tea. Clara avrebbe condotto una rubrica di moda. Mi sembrò il momento giusto per brindare con un ottimo spumante.
* * *
Io non guardo mai nel piatto dell’altro, ma la domenica successiva non potei non notare in tavola, davanti al mio posto, quel piatto di spaghetti aglio e olio, accompagnato da una bistecca scaldata, mentre invece Clara stava tagliando in sottili fettine due foglie d’insalata.
Mi alzai, preparai un’insalatona di pomodori, tonno e olive e chiesi a Clara se ne volesse un po’.
Mi guardò inorridita:
- Mi tenti? Io faccio sacrifici sovrumani per perdere qualche chilo e tu mi tenti?!? E’ questo il tuo amore? “Vade retro, satana!”
- Eh? Le chiesi. Cos’è, spagnolo, rumeno?
- E’ latino, ignorante! Non esiste mica solo l’inglese! “Allontana da me quel calice!”
- Quale calice? Non ti sto offrendo vino…
La mia Claretta era sul punto di piangere, così tornai al mio posto e presi a mangiare in silenzio. Quell’insalata al tonno era il miglior piatto di quel giorno. Intanto lei borbottava:
- Come fai a mangiare tanto e a non ingrassare? Io mangio lattuga scondita da sei giorni e ho perso solo tre chili! E ogni giorno vado in palestra!
- Sai, cara, in negozio si fa un mucchio di movimento, a salire e a scendere dalla scaletta, avanti e indietro dal retrobottega, dagli scaffali alla cassa… Certe volte non ho nemmeno il tempo di prendere un caffè! Comunque io non tocco pane…
- Io nemmeno, ai pasti. Però, quando la fame mi divora lo stomaco, due o tre fette ci stanno, no?
Prudentemente non le risposi. Lei si consigliò.
- Hai qualche suggerimento?
- Sì: le due o tre fette potrebbero essere di pan di segale. La “maga del pane” ce l’ha.
- Pane di segale? Una volta si dava ai cani! Va be’ che costa poco…
Scossi il capo: - Cinque euro al chilo.
- Ma è pazza?!? A quel prezzo lo faccio io, e tu potrai anche venderlo in erboristeria.
Ci riflettei su:
- Posso anche procurarti la materia prima a buon prezzo. Sai, possiamo provare. Ma perché tanto impegno per dimagrire?
- Hai mai visto una giornalista, che si occupi di moda, indossare taglie forti e calibrate, apparire come una cassata siciliana?
Non vedevo il nesso, ma tacqui.
Il pan di segale, aromatizzato al rosmarino (che cresceva abbondantemente nella nostra villetta in collina) e profumatissimo, andò a ruba da parte delle oche. Il prezzo era di cinque euro e mezzo, per non far arrabbiare la “maga”, ma io mettevo sempre un panino in più nell’incarto, ricompensato da sorrisi di affetto. E quello risultò essere il miglior alimento dietetico e dimagrante che avessimo in negozio. Naturalmente pagavo di tasca mia il fornitore di segale, ma dovevo dare l’intero ricavo a Clara, che comprava sempre nuovi abiti in città.
Un giorno accadde che le proprietarie delle quattro boutique del paese invitarono Clara a un pokerino “alla buona”. Fu subito chiaro che la mia consorte non poteva rifiutarsi.
Come andò a finire? Che la malcapitata non tornò in mutande soltanto per motivi di decenza, e il giorno successivo dovetti andare a pagare i debiti di gioco. Mi fu assicurato che non ci sarebbero stati altri pokerini alla buona o alla cattiva, a condizione che Clara smettesse di dare certi consigli di moda nella sua rubrica, perché “Dobbiamo campare tutti”.
Al ritorno Clara mi chiese come fosse andata. Fui secco:
- E’ meglio che cambi rubrica un’altra volta.
Lei fu di cattivo umore per due giorni, poi la trovai sorridente:
- Mi occuperò di culinaria!
- Come? Culi…?
- Ignorante! Di gastronomia, ricette, prelibatezze… In una parola: culinaria, o arte cucinaria per gli ignoranti come te!
Tacqui. Fatto è che la mia mogliettina ebbe successo per la terza volta, e con quella rubrica nessuno si sentì i calli pestati.
A un certo punto una Tv di una cittadina limitrofa le chiese di impegnarsi per un programma di ricette tipiche, con piena libertà di scelta.
Clara accettò, e fu un successo di fama e di soldi.
Poi fu la volta di una Tv nazionale, che le propose un contratto favoloso.
- L’unico punto che mi lascia perplessa riguarda l’abbigliamento, che dovrà essere un po’ succinto.
Guardai la mia mogliettina ormai cinquantenne: non aveva più la linea e la freschezza di un tempo, ma era piuttosto procace e avvenente. Le dissi:
- Non se ne parla nemmeno.
- Perché? In fin dei conti in estate sto in short e canotta…
- Se una donna ha caldo, o deve prendere il sole, mi sta bene che si spogli un po’. Persino mia nonna prendeva il sole nel suo giardino in città indossando un prendisole, ma…
- Un “prendisole”?
- Sì, era un abito molto corto e scollatissimo, praticamente retto da due sottilissime bretelline.
- A quel tempo?
- Sì, allora non c’era il mito-tabù del sesso: lo sguardo degli uomini era innocente.
- Una specie di età aurea! – commentò ironica Claretta.
- Insomma, io penso che in Tv le donne seguirebbero le ricette, ma gli uomini guarderebbero tutto il tempo le tue grazie!
- Sei un gelosaccio della malora! Sai quanto perderò?
- Ti darò io gli stessi soldi.
Mi abbracciò: - Mi piace quando fai il geloso: vuol dire che mi ami…
Dieci giorni dopo Clara iniziava a scrivere un libro di ricette, dopo che una casa editrice locale le aveva garantito la pubblicazione e la pubblicità.
* * *
Dopo una primavera piovosa, arrivò uno splendido mese di maggio. Un giorno rientrai a casa un po’ prima e Clara non aveva ancora cucinato. Chiamai:
- Tesoro! Dove sei?
- Qui fuori!
Uscii in terrazza e vi trovai Clara su una sdraio con gli occhiali da sole sotto un cappello di paglia. Mi chiese:
- Le oche comprano?
Abbassai la testa mentre la osservavo: indossava il prendisole della nonna!
Mi piace mia moglie quando è abbronzata, così pregustai il piacere del riposino pomeridiano.
Con lei.
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Opera scritta il 11/03/2014 - 18:15
Da Michele Fiorenza
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