Giuseppe Vecchi
A Epicuro e Lucrezio
Sotto la pioggia
tra la casualità del vento
un cadere parallelo
mi svela l’impressione
minima dell’atomo.
Recita un altare blasfemo
il sangue di Ifigenia
vittima stupita discreta
di un dolore assurdo.
Aponia e atarassia
colgo nel giardino
appoggiati a una rosa
a un sentiero di timo
A Emily
Il tuo davanzale:
troppo basso
per vedere le mie parole
la tua voce:
troppo lontana per invitare
i nostri autunni
a un incontro galante
ma ugualmente provo a narrare
prigioniero dei tuoi Boschi Regali
degli uomini
Fossimo come il seme
che non teme la notte
quando discende la terra
certo di un radioso risveglio.
Ma siamo come il profumo del fiore
che anela al cielo
e si smarrisce al vento.
il gioco del Silenzio
Il silenzio è un gioco di sponda
sul tavolo da biliardo dell’universo
una palla dorata che scivola
su un velluto nero e rimbalza nel vuoto.
Il silenzio è il ricordo leggero
di un viaggio senza meta e senza tempo
che un volto senza volto affonda
come lama di coltello nella deriva casuale.
Il silenzio è due lettere segnate sul grembiule
appena lavato di un’infanzia perduta
una lavagna muta ove riposa
un verso ambiguo, una frase incompiuta.
L’assenza del suono non graffia lo spartito
di un testo già scritto abbandonato
sul tavolo da un abile giocatore
che ha mostrato la sua vincente scala di cuori.

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