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il mito di baleno e iula

Nei tempi antichi, quando il cielo non conosceva ancora i colori che oggi lo vestono, esisteva un giovane semidio di nome Baleno. Non era bello agli occhi degli uomini, ma nel suo sguardo brillava un fascino che nessun dio avrebbe mai potuto ignorare. Era ironico, complesso, spigoloso, ma possedeva un cuore puro e testardo, pronto a sfidare persino l’oscurità. Il suo dono era unico: con le mani sapeva dare vita a colori mai visti, dipingeva il mondo, e i suoi tocchi silenziosi parlavano più di mille parole.


Un giorno, per strappare Arco dal braccio della morte, Baleno offrì la sua voce ad Ade. Da allora, non potè più proferir parola . Comunicare con il mondo era per lui un atto di creazione: ogni sfumatura che nascondeva nel cielo, ogni pennellata sui campi di Albàna, raccontava storie di speranza, saggezza e bellezza. Arco era la sua forza, il custode delle terre, colui che coltivava i frutti e la vita. Insieme erano tutto: senza Arco, Baleno non avrebbe avuto il coraggio di colorare il mondo; senza Baleno, Arco non avrebbe avuto il cuore di coltivarlo.


Morfeo, signore degli Eterni e dio del sogno, da tempo osservava Baleno. Vedeva in lui il futuro, il prossimo Sogno degli Eterni, colui che avrebbe colorato le notti e i cuori degli uomini. Aveva deciso che, quando il suo tempo sarebbe finito, Baleno lo avrebbe sostituito. Ma nemmeno un dio può scrivere la storia senza l’intervento di altri dèi.


Fu allora che giunse Iula, una giovane così bella da far tremare l’aria intorno a sé. I suoi capelli neri erano fiumi di velluto, i suoi occhi due stelle profonde. Le dee la invidiavano, ma non era la bellezza a renderla così speciale: era la purezza del suo cuore, la grazia di ogni suo gesto.


Quando Baleno la vide, sentì di non conoscere davvero i colori. Tutto ciò che aveva creato fino ad allora gli sembrò sbiadito. Una sera, tracciò per lei parole di luce su una tela:
«Io, dio dei colori, pensavo di conoscerli tutti. Ma con te ne ho scoperti di nuovi. Dove dentro di me regnava il grigio, tu hai ridato luce al mio cuore.»


Iula pianse leggendo quelle parole, e il loro primo bacio fece nascere colori neanche mai immaginati da Baleno. Il mondo stesso sembrò fermarsi: i campi si accesero di verde, i cieli di oro e viola, il villaggio di Albàna respirava felicità. Iula sarebbe stata regina delle Terre dei Sogni. Ma non tutti erano pronti a benedire quell’amore.


Dioniso, dio del caos, anch’egli innamorato di Iula, si sentì umiliato. “Un semidio al di sopra di me?” pensava, ardendo di gelosia. Scese tra i mortali e incontrò i fratelli.


«Voi possedete ciò che io desidero,» disse, fissandoli con occhi di fiamma. «Credete che il vostro amore valga più del desiderio di un dio? Io sono Dioniso, e ciò che voglio, lo prendo.»
Arco lo guardò con fermezza: «Ti onoriamo da sempre. Ti diamo il vino più dolce, l’uva più pregiata. Perché tanta rabbia?»
Dioniso rise, ma era una risata intrisa di veleno:
«Perché non è giusto che voi abbiate ciò che io non posso avere. L’amore di un dio divora. E se io non posso possedere Iula, preferisco vedere il mondo bruciare nei suoi occhi spenti.»


Così tramò con Azazael, il suo demone. Avvelenò la mente di Iula, facendole credere che Baleno l’avesse tradita, e la spinse lentamente nella follia. Baleno fu ingannato e mandato lontano, verso terre oscure, con la falsa promessa di dover salvare il mondo da una minaccia di Morte, sorella di Morfeo.


Per sette anni Baleno vagò solo. Non vi fu alcun contatto tra lui e Iula, perché la follia aveva distrutto ogni legame. Il cielo su Albàna rimase coperto, Vrochi pianse lacrime di pioggia senza sosta, e i colori svanirono. Baleno dipingeva cieli cupi, perché la sua anima era diventata ombra.


Una notte, nella solitudine, si inginocchiò nelle tenebre e tracciò con le dita una preghiera sulla polvere:
«Perché mi fai questo, Morte? Tuo fratello Morfeo mi ha scelto, io vi ho sempre rispettato. Persino quando avete portato via Astra, mia madre, la melodia silenziosa della mia vita. Perché mi lasci senza luce?»
La dea lo osservò e disse, con voce calma:
«Io, Baleno, non porto via. Io accompagno. Come tu colori, io spengo, e insieme creiamo ciò che è. Ma ascolta: io non sono sempre la fine di qualcosa. Posso essere l’inizio. Ricordalo, quando un giorno verrò da te.»


Quando Baleno tornò, trovò Albàna ridotta all’oscurità e Iula persa in un vortice di follia. Disperato, cercò di parlarle con ogni gesto, ogni traccia di colore, ma lei non riconosceva nulla. Iula fissava il vuoto, come se il mondo fosse stato strappato via.


Allora, insieme ad Arco, cercò aiuto nel padre Chrono. Gli donarono i frutti della terra, i colori rimasti.
«Padre,» scrisse Baleno, «riavvolgi il tempo, fa’ che Iula torni com’era.»
Chrono rimase impassibile:
«Io non piego il tempo per chi implora. Io non amo, non odio. Io esisto.»
Arco, con la voce spezzata, gridò: «Perché ci chiami figli se ci lasci soffrire?»
Chrono non rispose e scomparve. Il tempo continuò a scorrere.


Fu Dioniso a comparire, con un sorriso crudele:
«Se volete riportare Iula alla ragione, allora dovete tagliare le vostre braccia. Senza mani vedremo se saprete ancora parlare al cuore di una donna. Se mai ci riuscirete, uccidetevi l’un l’altro. Solo allora Albàna sarà salva in eterno.»


Arco prese la lama e disse:
«Fratello, tu hai dato la voce per me. Ora io ti do il mio sangue, e lo faccio con gioia.»
Le lame caddero, il dolore riempì l’aria. Baleno tentò di comunicare con Iula ancora, ma nulla. Allora si strinsero, e in un ultimo sguardo Arco disse:
«Morire insieme è il nostro ultimo colore.»
E si morsero, fino a svanire l’uno nell’altro.


Gli Eterni videro e giudicarono ingiusto ciò che era accaduto. Morfeo, furioso, disse:
«Dioniso non avrà l’ultima parola. Baleno era il mio successore. Io lo onorerò.»
Così, insieme ad Apollo, Vrochi e Destino, fuse i corpi e le anime dei due fratelli, creando un ponte di luce tra sole e pioggia. Nacque l’Arcobaleno.


Dioniso rise all’inizio, convinto che, morti, non avrebbero mai potuto comunicare con Iula. Ma quando Iula vide quell’arco di colori nel cielo, sentì Baleno. Ogni colore era un ricordo, un desiderio di vita insieme: il rosso, il loro amore; il verde, i campi di Arco; il blu, le lacrime di Baleno; il giallo, i giorni felici. Gridò, pianse con tale dolore che il cielo si aprì. Le sue lacrime caddero sulla terra e la riempirono di luce e prosperità, come ai tempi di Baleno e Arco.


Davanti al popolo, Iula parlò:
«Gente di Albàna, il nostro Re e il suo fratello hanno donato tutto per noi. I loro nomi vivranno in ogni filo d’erba, in ogni tramonto. Ogni volta che vedrete l’arcobaleno, sappiate che loro vi proteggono. Io mi ritiro per sempre, perché il mio cuore è andato con Baleno e anch’io sono ormai parte di quel cielo.»


Grazie a una promessa di Morfeo, nei sogni, Baleno e Iula si incontrano ancora. Vivono lì la vita che avrebbero dovuto avere, anche se solo per un istante. Al risveglio Iula si faceva vedere solo sulla balconata del suo castello, con gli occhi al cielo, aspettando i colori di Baleno.


Ancora oggi, quando l’arcobaleno appare, si può intravedere una figura femminile che lo attraversa. Lo fa da secoli, avvicinandosi, senza mai incontrarsi. Questo è il loro destino: una distanza eterna tra due anime intrecciate.




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Racconto scritto il 25/07/2025 - 12:20
Da IL CONTE M.
Letta n.27 volte.
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