Il porto è pieno di gente e le loro teste sono un fiume i cui argini si sarebbero lacerati da qui a poco tempo lasciando scorrere un'angoscia che quasi si respira nell'aria, insieme all'odore di pesce e salsedine. Mio marito partirà domani,con lui anche i miei due figli e i miei genitori.
Il primo barcone sta arrivando e per quel fiume di gente quasi sembra un grande mare dove sfociare, per far si che i propri argini non straripino. L'iniziale entusiasmo è vivo tra la persone, coscienti che il viaggio li porterà alla salvezza. Provo ad alleggerirmi l'animo e ad immedesimarmi nel bambino che mi siede a fianco, il quale domanda alla madre a quale gioco stessimo giocando. Qualche minuto più tardi uno stormo di uccelli neri offuscano la mia mente. Questo bambino,così come me e queste altre cento persone perderà il suo status di essere vivente e con l'intolleranza della gente verrà riconosciuto "straniero". Stranieri dei quale si deve aver paura, stranieri dai quali si deve stare alla lontana.
Cerco allora di fare una scorta d'umanità durante il viaggio.
Entusiasmo, risate e colorate aspettative diventano sconforto, brividi e fame ogni giorno che passiamo su questo barcone. Le bottiglie d'acqua passano di bocca in bocca e le coperte sembrano dover riscaldare anche le anime ferite, per questo non bastano più. Il sangue delle donne cola dalle assi di legno che ricoprono il pavimento della barca e la barba degli uomini diventa folta. Il braccio e la gamba destra formicolano da quando siamo partiti ma non posso muoverli perché il bambino che pensava di star giocando dorme sulla mia coscia da quasi un giorno. Non riesco a capire come stanno i miei compaesani dall'altra parte della barca, i miei occhi non riescono più a focalizzare rendendo il paesaggio intorno a me un'uniforme nebbia.
La luce di questo nuovo giorno illumina costiere verso le quali sbarcheremo. Il barcone attracca al porto provocando un brusco movimento che riesce a svegliare gli altri clandestini. Io ero sveglia già da un po' così riesco a godermi le loro espressioni di sollievo e di gioia quando scorgono una terra, che pur non essendo la loro riesce a trasmettere calma e serenità. Dopo una settimana sentiamo finalmente urla di divertimento provenienti dal mercato a fianco al porto e delle voci che comunicano parole diverse da quelle della nostra lingua.
Riesco a scendere dalla barca e prendendo il mio borsone cerco di dare di nuovo forza alle mie gambe. Saluto il bambino che con la sua mamma mi ha tenuto compagnia in questa viaggio, sperando che continui a pensare che tutto questo, ma soprattutto quello che seguirà, sia solo un gioco e che prima o poi la scritta "Fine" comparirà sul grande schermo della vita per dare fine alle sofferenze che un immigrato deve ingoiare ogni giorno in terra straniera. Ma io in fondo questa terra la sento già un po' mia.
Italia mi mancherai, benvenuta in Senegal.

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Mi sono sentito trascinare dalle parole e mi son ritrovato su quel.barcone a vivere tutto quello che è così accuratamente descritto.
Bravissima, mi hai convolto e ho capito, anche se ibèn piccolissima parte, quali avversità devono passare queste persone che si ritrovano a scappare via dal loro paese natale.
Complimenti, a rileggerti presto..





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