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A CACCIA DI BELLEZZA

Mio padre era un vero cacciatore, ma lo era anche mio nonno… e non è una battuta.
D’altra parte loro affondavano le radici in uno stile di vita sempre uguale, secolarizzato, eppure pieno di fascino, che oggi definirei “eticamente nobile”.
E mi piace parlarne da una prospettiva diversa, se così si può dire.
Quello che siamo… viene da lontano, ed è bene riflettere sulla strada che ci ha condotto qui.
Per cominciare: Loro si auto-costruivano le cartucce e, per questo, non sia mai andassero sprecati dei colpi, magari per sparacchiare a destra e a manca… come fanno spesso alcuni cacciatori di oggi.
Mio nonno possedeva una carabina Winchester di fine ottocento che, non si sa come, era stata portata direttamente dall’America da un suo parente. Questa ragione, da sola, faceva sì che il suo fucile – nella sostanza un ferrovecchio consumato – fosse un oggetto preziosissimo, custodito con estrema gelosia.
Riteneva fosse inutile sparare ai piccoli uccelli, e al più tirava qualche fucilata alle quaglie o alle beccacce, quando era il periodo, perché erano ottime per il sugo.
Ma la vera passione era la caccia alla lepre, molto più redditizia per i risultati che potete immaginare, in fatto di ritorno, rispetto all’investimento in pallini e polvere da sparo.
La caccia consisteva in lunghi appostamenti, nei luoghi ove si aggiravano le lepri, ma l’aspetto dirimente rispetto a un cacciatore d’oggi era l’atteggiamento: La fucilata partiva solamente se c’erano le condizioni che evitassero di sparare a vuoto.
Le regole del buon senso… sono le vere regole. L’attesa doveva confluire nell’occasione propizia, quasi che fossero le circostanze e la natura stessa a decidere… e a concedere, in una sorta di rituale magico, il sacrificio della preda…
Oggi sono scomparse le condizioni di vita e ambientali che favorivano quella cultura, ma nella sostanza siamo diventati predatori e prede… di noi stessi.
Penso di aver ereditato un po’ di quella vecchia passione, e così mi sono armato di una reflex con teleobiettivo… e ogni tanto vado a caccia di bellezza.
Così, in questi giorni, così ho catturato un verdone (Carduelis chloris) che si era postato sul ramo dell’ippocastano, finendo nel mio mirino, giusto per tempo di un colpo fortunato.
Sono ritornato a casa, felice, con la bellezza di questa preda… che vi regalo molto volentieri.



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Racconto scritto il 10/02/2017 - 19:17
Da Francesco Gentile
Letta n.1367 volte.
Voto:
su 4 votanti


Commenti


In sì espressivo seguitato letterario diligenti riflessioni firmate con chiarezza.
Il mio lieto meriggio, Francesco.
*****

Rocco Michele LETTINI 11/02/2017 - 15:55

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Grazie per questo bel regalo, Francesco!
Capisco la tua gioia nel momento in cui hai catturato con un click la tua bellissima preda e partecipo volentieri alla tua gioia, alla contemplazione della bellezza che ci circonda ed alla fortuna di poterne usufruire in maniera così delicata.
Ciao!

Millina Spina 11/02/2017 - 13:18

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Certo,
Immortalare in una foto qualcosa di vivo e gioire per la sua bellezza dell'esser "tale", osservarlo nel suo habitat e contemplarlo...beh, nn credo abbia nulla a che vedere con la caccia. Ma a fare i moralisti siam tt bravi quando poi, innanzi ad una bistecca, nn pensiamo neppure x un istante a quel che prima fosse.
Ottima riflessione


a


laisa azzurra 11/02/2017 - 10:26

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Questo tuo racconto mi ha riportato indietro nel tempo, quando piccola ascoltavo affascinata le storie che i vecchi cacciatori raccontavano nelle veglie mentre si caricavano le cartucce... ma devo dire che pure io adesso preferisco ammirarne il volo, il canto e fotografare. Bravo ed esaustivo, come sempre!

ANNA BAGLIONI 11/02/2017 - 00:19

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oltre la belòlezza degli uccelli oramai quasi estinti se tutti caccioassero con un obbierttivo sarebbe la miglio cosa

GIANCARLO LUPO POETA DELL'AMO 10/02/2017 - 21:30

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Un racconto molto originale, racconto bene e mi piace l'idea che abbia deciso di andare a caccia con reflex e teleobiettivo, è meno cruento.

Giulia Bellucci 10/02/2017 - 21:28

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Che belle riflessioni! Condivido totalmente quanto hai esposto in modo chiaro e leggero! È vero, un tempo l'attività venatoria era come un rito, fatto di preparativi, di attese, di silenzi, di studio del territorio e della natura, anche di etica. Molto bello e delicato questo brano!

Patrizia Bortolini 10/02/2017 - 19:45

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