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Uccido i pensieri

Uccido i pensieri che si allontanano spenti come insegne della notte.


Uno scarto nella strada e poche tracce di vento tra le mani impastate di cera, poi ho stretto il cappio alla trave, così di notte, dopo un esilio centenario, dopo aver dato fine ai respiri delle ossa.


Erano facce di alberghi, di stanze assolate, di rumori scomposti, incroci di gambe e sguardi, di gente andata via e parole mai dette e dalla finestra di vedeva sempre il mare ma senza amore.


Erano bocconi di alcool che cercavano di restare a galla, notti svanite nel nulla, bocche cucite e pistole di carta, urla e gemiti e tanti discorsi perduti sull’altra faccia della luna e alla fine si vedeva sempre il mare ma senza odio.


Attenderò ancora il momento propizio prima di uccidere ancora questi pensieri che fuggono, senza una ragione, senza più una storia da raccontare. Non avrò tormenti ne margherite da decapitare, saranno solo un ammasso di concime composto solo da illusioni ataviche.


Adesso è già tardi e dovrò fare l’ultima consegna. Sarò veloce in questo inferno e accoglierò ancora una volta la tua richiesta; certo non sarò avaro di confusioni, non farò finta di accorgermi di quello che accade, sto solo uccidendo i pensieri che si allontanano.


Il passo è compiuto e mi ritrovo a guardare dal balcone il fumo della sigaretta io abito al piano delle nuvole e i pensieri ancora vivono.


@GiuseppeLonatro




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Racconto scritto il 21/10/2017 - 19:03
Da Giuseppe Lonatro
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