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E' sempre il 9 maggio

E' sempre il 9 maggio


E’ un po’ che non scrivo
Non scrivo perché non penso- non penso sentimenti.
Non penso perché non sto neanche leggendo- leggendo libri cioè -Leggo qua e là.
Non ascolto musica, no, lo faccio apposta, così non penso non leggo non scrivo.
Sto in pausa. Sto ascoltando i miei scricchiolii, sai l’artrosi ?
Sai il caldo e il freddo? E l’insonnia infruttuosa ? e i vuoti vuotissimi di memoria? – a rendere spero-non ho ancora aggiornamenti.
Insomma quella roba lì.
Poi succede sempre qualcosa che ti desta, si insinua, tu fai finta di niente perché certi momenti sai che non serve a niente alzare lo sguardo per vedere. Si può fare a meno.
“Non sono niente Non posso volere d'essere niente.”
Così voglio stare


Ma il 9 maggio ogni anno non si può fare a meno di destarsi. Fortuna che i social ci obbligano alla memoria.


Canto, canto e porto inevitabilmente il tempo durante il film:
“Uno due tre quattro cinque dieci cento passi “ intanto mi viene da piangere


“ mamma ma questa la cantano i Modena City Ramblers, ma li conosci?? gli abbiamo dedicato una canzone con la mia band!” dice mio “figlio metal core”


“mamma come la sai quella canzone? La cantiamo noi a scout!” dice mio figlio scout


Sembrerei una mamma moderna dunque !


Uno due tre quattro cinque dieci cento passi. Chi per un motivo chi per un altro la sappiamo tutti.
La cantiamo tutti, anche i nati dopo il 1978.


“Si sa dove si nasce ma non come si muore e non se un'ideale ti porterà dolore.
Ma la tua vita adesso puoi cambiare solo se sei disposto a camminare, gridando forte senza aver paura, contando cento passi lungo la tua strada".


L’importante è camminare cari figli . Gridate forte senza aver paura.

Capita ogni 9 maggio che c’è anche la festa della mamma nei paraggi.


Ascoltarmi questa canzone oggi che ho ricominciato, mentre mi insinuo di nuovo nei fotogrammi della vita, nel mattino presto della città che si sveglia, nelle facce contorte che vanno veloci a testa bassa, nelle vetrine con i fiori e i fiocchi per le mamme, nei cioccolatini a cuore al solito bar col caffè buono, mi fa inglobare tristezza, perché mentre aspetto alla fermata l’autobus (speriamo di quelli più recenti), con la musica riattivata nelle orecchie (in realtà è un pulsante start che spingo sul petto) mi viene in mente mamma Felicia di Peppino, che abbraccia la gigantografia del figlio, e assurdamente penso che la vorrei conoscere, potrei cercarla o meglio cercare dov’è sepolta ormai, come sarà morta? Vorrei parlarci.
Mi viene in mente anche Patrizia che non vedrà più i suoi ragazzi - aveva l’età mia - non era tempo di andarsene. Vorrei parlarci.
Mi viene in mente chi preferisco non dire e il figlio orami è solo nel suo cuore. Vorrei.
E siccome sto diventando patetica e soprattutto di una commozione scontata e troppo facile, mi desto dal mio essermi destata. Pigio stop.
Non aspetto più l’autobus, mi rimetto a camminare. (1,2,3,4,5,10 cento passi 1,2,3,4,5 10 cento passi, lalalà, lalalaà, lalalaà lalaà lalalaà)
E non è perché ho paura che prenda fuoco non fate gli spiritosi!




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Racconto scritto il 26/07/2018 - 12:24
Da adriana ferretti
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