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Ricordi di un anno bisestile

Ricordi di un anno bisestile.


Furono giorni difficili, li ricordo, li porto cuciti sulla pelle.
Il 2020 iniziò in un modo “particolare”, se mi è concesso di usare un eufemismo; dapprima rischiammo la terza guerra mondiale ma poi…poi arrivò lui.
Giunse da Oriente, come un innocuo viandante ma io seppi subito cos’era realmente, cosa si celava sotto il nero mantello: la morte! E non mi sbagliai.
Febbraio, bisestile in quell’anno, si portò via molti cari che, a poco a poco, cadevano come mosche nella tela del ragno “Covid-19” o meglio conosciuto con il nome di “Coronavirus”.
All’inizio nessuno capì la gravità della situazione, nemmeno il sottoscritto, nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità lanciava moniti per niente rassicuranti. Ma a non capirlo non fu solo la povera gente ma neanche i potenti, gli eletti che detenevano il potere, coloro i quali sono chiamati a decidere e purtroppo mai bene, come in quel caso.
E mentre in Cina, all’inizio dell’epidemia, i morti si contavano anche per le strade, noi non lo capivamo anzi ce ne fregavamo; la Cina è lontana e quindi continuavamo imperterriti nelle nostre abitudini: aperitivi, disco, cene, tutto fino a quel maledetto giorno. La notizia del primo caso fu come una doccia gelata che colse tutti impreparati ma nessun spauracchio strinse i cuori.
I politici, li ricordo sbeffeggiare il virus, lo paragonavano a una semplice influenza e fu allora che parve offendersi e ricordarci il perché del suo nome: chi indossa una corona non va sottovalutato o sbeffeggiato, va temuto.
Con i primi decessi ebbero inizio le contromisure…ridicole a mio dire o forse no, ma di certo non rispettate dalla gente che, all’ordine di restare in casa, usciva sempre per le malsane abitudini. E di malsano, nel nostro corredo genetico, c’è anche la consapevolezza di lucrare e trarre profitto dalle disgrazie; così si inizio a truffare gli anziani con la storia dei “finti” tamponi volti a individuare il virus, vendere gel disinfettanti e mascherine protettive a prezzi esorbitanti…che schifo.
I giorni, le settimane, i mesi passavano e niente, il sovrano dei virus non voleva arrendersi né deporre le armi e aprire trattive di pace ma, spietato, continuava a mietere vittime e conquistare territori.
Tuttavia, nel male, ci riscoprimmo fratelli e ingurgitammo, seppur da lontano, dai terrazzi, dalle finestre, la gioia.
Tutti noi, io in primis, sperammo invano nell’aiuto di Europa che, in groppa al toro bianco, avrebbe sconfitto l’acerrimo nemico ma, ahimè, ricevemmo solo insulti e risa fino a quando seppi che anche lei si era ammalata.
Ma se da Oriente giunse il nemico, dallo stesso luogo giunsero gli aiuti. La ripresa, lenta, fu come quell’ultima gocciolina che toglie la sete e un po’ alla volta tornammo a sorridere.
Adesso, ha distanza di un anno, quei giorni non sono altro che un ricordo, indelebile, orrendo, ma ricordo.
Bambini nei parchi, gente che sorride e si abbraccia mentre io ho trovato anche l’amore. E si, non tutti i mali vengono per nuocere e adesso mi dovete scusare, ma ho una ragazza che mi attende per il nostro primo appuntamento dal vivo e per un gelato al gusto di libertà.




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Racconto scritto il 18/03/2020 - 19:33
Da Poeta Errante
Letta n.901 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Bravissimo un racconto molto bello e scorrevole

Barbara Lai 19/03/2020 - 15:07

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Bravo, un ottimo testo scritto in modo scorrevolmente fluido. E un domani usciti da questo tunnel ricorderemo tutti senza più ansia nel cuore e si spera saremo migliori!

Maria Luisa Bandiera 19/03/2020 - 08:56

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