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BISOGNI INCROCIATI

“La pace sia con te, frate Martino. – si rivolse l’Abate al monaco che lo aveva appena raggiunto nel chiostro – Mi dispiace averti distolto dal tuo lavoro, ma ho un importante compito da affidarti”. “A disposizione, Padre Abate” rispose frate Martino e l’Abate proseguì:” Dovresti andare all’eremo a vedere che fine ha fatto frate Nicola: sebbene gli sia stato raccomandato di farci pervenire sue notizie ogni settimana, da tempo non ne riceviamo!” “Come ordinate, Padre Abate” rispose sottomesso frate Martino, anche se inerpicarsi per i sentieri di montagna non era certo la sua passione, e andò a predisporre la sua minimale attrezzatura. La mattina seguente, dopo le Lodi mattutine, il monaco imboccò il sentiero per l’eremo; circa a metà della salita ebbe una brutta sorpresa: il terreno era franato e la via interrotta. “E adesso?” si chiese frate Martino guardandosi attorno; scorse poi un altro piccolo sentiero fra gli alberi e vi si avventurò, sperando di poter aggirare la frana. Il monaco procedette così per il nuovo tragitto, ma presto gli fu chiaro che questo non l’avrebbe ricondotto sulla via maestra; tentò quindi di risalire il corso di un ruscello fino al limitare della boscaglia per orientarsi nuovamente. Il bosco lasciò spazio a un costone di roccia, dal quale frate Martino vide finalmente in lontananza l’eremo; si incamminò nella direzione di quest’ultimo, ma, tanto era il sollievo per averlo scorto, che non si accorse del fossato in cui capitombolò restando privo di sensi.
Il calore effuso da una stufa a legna risvegliò frate Martino, adagiato su un pagliericcio. Il monaco vide il suo confratello frate Nicola entrare con un capriolo, preda di caccia, sulle spalle. “Grazie per avermi tratto in salvo, – prese a dirgli - certo non è affatto semplice arrivare fin quassù!” “Come va? – continuò alzandosi dal suo giaciglio - Il Padre Abate, non ricevendo tue notizie da tempo, mi ha mandato a verificare se va tutto bene. È molto preoccupato. Perché non ti fai sentire? Ti serve qualcosa? Guarda, a giudicare dal soffitto, il tetto di questo eremo non è affatto in buono stato!”. “Il tetto va benissimo così! – sbraitò frate Nicola – Ora fa silenzio e aiutami col capriolo, altrimenti difficilmente mangeremo qualcosa oggi”. “Ma al Padre Abate che cosa dico?” protestò frate Martino; “Di non mandare più nessuno a disturbare la quiete di questo posto. Il silenzio risveglia ciò che dorme dentro di noi e mette a dormire tutto ciò che ostacola il nostro cammino interiore verso il Padre” tagliò corto il confratello. “È vero, - replicò frate Martino – ma non ci si salva da soli: l’esperienza dell’amore del Padre si gioca anche nei rapporti coi fratelli…”. I due monaci non si scambiarono più una parola e, dopo pranzo, frate Martino si incamminò per tornare all’Abbazia, dove arrivò in tempo per la recita dei Vespri.
Durante la cena il monaco riferì all’Abate dell’incontro con frate Nicola, in particolare di come il confratello l’avesse tratto in salvo prendendosi cura di lui e di ciò che si erano detti. Dopo Compieta frate Martino si coricò, ma presto si accorse di non riuscire a prendere sonno, pervaso da una profonda inquietudine. Rigirandosi continuamente nel letto, posò ad un tratto lo sguardo sull’attrezzatura da montagna, rimasta lì, predisposta per avventurarsi di nuovo lungo i sentieri. Nel cuore della notte si preparò ed uscì senza essere visto da nessuno.
Alla recita delle Lodi mattutine i monaci notarono al posto di frate Martino il loro confratello Nicola. Dopo la preghiera questo si avvicinò all’Abate e lo rassicurò: “Tranquillo, Padre, Martino sta bene: ha sentito il bisogno di uno spazio di meditazione, contemplazione e silenzio. Quanto a me, avevo dimenticato la dimensione comunitaria della nostra vocazione e forse è bene che la recuperi”.



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Racconto scritto il 01/04/2023 - 18:03
Da MARCO CSPT MARTELLI CSPT
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