Di una lunga estate mai del tutto sopita alla memoria>
Al cedimento della notte
Lei scosse le nuvole
Alla ricerca d'un pianto che non le appartenesse
Frapponendosi tra gli ingorghi della parola
E il flusso continuo dei suoi silenzi
La vidi trafitta dai pulviscoli proiettati
Oltre l'interstizio di due mani arrendevoli
Nella soffitta sottratta ai colori
Quando il sole s'appese alto al cielo
E i sogni cominciarono a liquefarsi
Allo schiudersi dei suoi occhi purpurei
E riverberati dalle ali d'angelo d'un distinto ricordo.
Pensai a quei capelli lunghi e ramati
Infrangersi come timide onde
Sugli scogli sospesi d'un respiro
E agli sbaffi di rossetto
Rendere ancor bambina la bocca impaziente
Nei baci e nella pioggia sedotta
Dal compenetrarsi delle nubi al loro ingrigire
Nell'ultima interpretazione d'estate.
<Quando il tutto è fin troppo acerbo,l'abbandono si staglia
Nella stagione degli aspri raccolti fino allo scheletro del paesaggio invernale>
Nel fondo cinereo d'un pozzo cinto d'edera rossa
Ci si specchiarono le fronde d'autunno
E il basso volgere di una rosa
Scivolata via al divergere delle dita capovolte
Fermandomi solamente per alcuni istanti
Ad ascoltare il rito solenne delle foglie cadute.
Il giorno non fece altro che rincorrere il tramonto
Quand'ecco che brulicante d'olivi
l'inerpica collina s'adoperò a saldarsi alla pianura
Con la policromia di stanchi raccordi
La dove il mio scrutare assieme fuggiva
All'urgente volo delle esigue farfalle
Lungo gli estesi vigneti retti dagli olmi in catene
La sera giunse quasi di soppiatto
Mentre il cappello a cilindro portò sull'infossatura grulla
Gli umori del vento e la fragranza del mosto d'uva
Sotto gli antichi portici barocchi
E le solitarie ombre
Schiacciate contro le colonne di luce della tonda luna
Divennero poi foriere di un triste inverno
Unico sopravvissuto ai mille volti d'un'emozione.
(lirica dedicata a chi usufruisce dell'abbandono come mezzo di difesa e lo ritiene una scorciatoia per salvaguardare solo le proprie egoistiche certezze)

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