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IL LADRO DEI SOGNI- Seconda Parte.

Notte dopo notte, aveva preso ad aspettare il ladro dei sogni con sempre maggiore impazienza. Era sempre stata una ragazza concreta, eppure ormai si era convinta che quella storia fosse reale e che soprattutto egli fosse reale. Le piaceva discorrere con lui, e ormai non si stupiva più, anzi per dirla tutta si era abituata alla sua invisibile presenza. Spesso era tentata di sfiorarlo, soprattutto quando la sua voce si velava di malinconia, ma non osava per paura di farlo scappare. Avevano parlato di tante cose, eppure c'erano ancora segreti tra loro, argomenti che non osavano toccare. Iris si guardò allo specchio e si spazzolò i capelli, malgrado avesse mille dubbi, dettati dal buon senso, non poteva impedire al suo cuore di accelerare i battiti, quando avvertiva la sua presenza, oppure impedirsi di contare le ore che mancavano al calare della notte. Si voltò di scatto. Aveva sentito un rumore.
«Herbert, sei tu?»
«Sono io, ma voi siete sveglia.» Iris sorrise.
«Vi aspettavo.» Egli era confuso.
«Mi aspettavate? E perché mai?» Iris allargò le braccia.
«Non lo so, forse mi piace la vostra compagnia.»
«E dovrei credervi?» Il tono di voce era alquanto scettico.
«Sì, dovresti. Ma cambiamo discorso, va bene?» Arrabbiata gli parve ancora più bella.
«Come mai una fanciulla tanto graziosa, fa incubi tanto orrendi?»
«Come si diventa un ladro dei sogni?» Chiese lei di rimando.
«Ho posto la questione per primo. E poi non credete che abbia il diritto di sapere?» Iris ci rifletté un instante e poi annuì. Sedette sul letto e raccontò che quegli incubi erano legati ad un incidente che aveva fatto mesi prima, col fidanzato, il quale era morto sul colpo. A stento riuscì a finire il suo racconto che scoppiò in lacrime. Herbert fu colpito dalla storia, ma ancor più dal suo pianto. Si sedette accanto a lei. Non aveva parole per consolarla, non sapeva cosa dovesse fare, ma il vederla scossa dei singhiozzi lo portò ad agire. La strinse a sé, senza dire una parola, malgrado la voce fosse il solo mezzo per farle capire cosa pensasse e che in quel momento le era vicino e comprendeva il suo stato.
Sulle prime Iris si sentì disorientata. Era strano sentire che qualcuno l'abbracciava ma non vedere nessuno. Poi si abituò a quella strana sensazione, lasciandosi andare all'abbraccio e stringendosi un poco di più a quell'uomo invisibile, ma che in quel momento non avrebbe potuto sembrarle più reale, quasi riusciva ad avvertire i battiti del suo cuore.
Herbert la tenne stretta a sé, mille dubbi e mille pensieri, mille domande senza risposta gli affollavano la mente, ma sapeva che era giusto così. La cullò fino a ché lei non cedette al sonno, le rimboccò le coperte e sedette su di una poltrona. Non ricordava d'essersi mai dato tanta pena per qualcun altro, ma sapeva che con lei non poteva fare altrimenti.
Restò lì fino all'alba. Prima di andare le sfiorò la guancia con un bacio. Quella notte non c'erano stati incubi da annientare, eppure non aveva voluto lasciarla.


Quella mattina Iris si svegliò di buon umore e con la strana sensazione di aver ricevuto un bacio. Forse era stato solo un sogno. Si mise a ripensare agli avvenimenti della notte appena trascorsa. In realtà l'unica cosa che le era chiara era che dopo quell'abbraccio stava considerando le cose in una nuova luce, forse si era ammattita, ma quell'abbraccio non l'aveva sognato, era stato reale, così come era stata reale la sensazione della stoffa della giacca di lui, contro la sua guancia e al tocco delle sue mani, così come era stato reale il calore che l'aveva avvolta. Mentre si preparava ad affrontare la giornata, si chiese in che guaio si stesse cacciando.


Herbert era agitato. Baciarla era stato un errore, così come stringerla a sé. Si stava illudendo. Eppure non poteva scacciarla dai suoi pensieri, ella aveva saputo scavare un posto nel suo cuore. Si guardò allo specchio, dopo tutto anche lui aveva un cuore. Ma dopo tutti quegli anni, non era tanto sicuro che fosse un bene scoprire di avere ancora un cuore e di poter provare attrazione per una donna. E dannazione se quella donna lo attraeva!


Il tempo era passato in fretta e i giorni erano diventati mesi. Ogni notte era andato da lei, per parlarle, starle accanto e vegliarla. A lei aveva rivelato il suo segreto e di lei si era innamorato. Diamine se era innamorato, ed era un sentimento che lo divorava.
La notte stava calando. Era divorato dai dubbi e dal desiderio, indebolito dai sempre minori sogni raccolti per starle accanto. Doveva andare da lei? Doveva lasciar perdere quella storia e tornare alla sua vita di prima? Ci sarebbe mai riuscito? Ormai anche quando le era lontano, la pensava con tale intensità che gli riusciva di capire il suo stato d'animo, si era creato tra loro un legame fortissimo ed egli ormai riusciva a prevedere i suoi incubi, eppure sapeva di non essere ricambiato, di vivere un amore a senso unico. Contro ogni logica per ella avrebbe dato la vita, anche se non aveva davvero una vita. No, quella sera non sarebbe andato, si disse.


Iris era molto agitata. Non riusciva a prendere sonno, né a calmarsi. Cattivi presagi e brutti presentimenti, le facevano compagnia. Da tanto tempo non aveva più incubi, ma ormai aveva capito che era merito di Herbert e non perché lui gli scacciasse ma perché lui c'era, era una stupida, lo sapeva ma quella strana presenza le aveva dato la forza per tornare a vivere, per lasciarsi i fantasmi del passato alle spalle. Si era sentita molto vicina a lui, quando le aveva raccontato il dramma, così simile al suo, che l'aveva trasformato in quel mostro senza volto che divorava i sogni degli altri, ma per lei non era un mostro, era quanto di più caro avesse. Si era innamorata di lui, certo il buon senso le diceva che non poteva commettere sbaglio più grande, ma i sentimenti non si potevano né scegliere, né comandare, solo vivere. Era certa che egli provasse dell'affetto per lei, ma era anche sicura che finché non si fosse perdonato le sue colpe, non avrebbe mai potuto vedere il buono che lo circondava. Scosse la testa. Perché non arrivava? E nella testa le si insinuò il dubbio che quella sera non sarebbe venuto. E se non fosse più venuto a trovarla? No, era una cosa che non voleva credere, si era troppo legata a lui. Forse si era ingannata, forse Herbert non provava nulla per lei, ma così non poteva vivere. Glielo avrebbe detto, decise, non appena fosse venuto gli avrebbe rivelato i suoi sentimenti. Non appena fosse venuto. Ma non venne. Ormai stanca sia addormentò, piombando in un sonno agitato e popolato da incubi. I peggiori che avesse mai avuto.


Herbert stava camminando tra le strade, ancora non aveva raccolto sogni e si sentiva debole. Non voleva andare da Iris, ma qualcosa gli diceva che ella avesse bisogno di lui. Più volte si costrinse a ragionare, dicendosi che erano tutte fantasie, ma l'istinto fu più forte della ragione. Cambiò strada e andò da lei. Quando arrivò, avvertì chiaramente la presenza di un incubo. Si arrampicò sull'albero ed entrò dal balcone, come sempre era aperto. Lei lo teneva sempre aperto per lui. Quando entrò lei si stava agitando nel sonno e lo chiamava. Che pazzo era stato. Si sentiva troppo stanco per affrontare un incubo tanto devastante, ma doveva provarci. Fu un'esperienza assai peggiore di tutte le altre, peggiore di qualsiasi cosa avesse mai provato prima. Piano piano si sentì venir meno le forze. Lottò disperatamente contro l'incubo e contro la sua stessa debolezza, animato dall'amore che provava, però sentiva di non potercela fare. Si accasciò a terra.
Di colpo l'incubo si dissolse e lei si svegliò. O forse stava ancora sognando. Si era messa a sedere e vedeva chiaramente una figura accanto al letto. Il cuore le mancò un colpo. Accese la luce e scese dal letto. Herbert era lì, ora poteva vederlo con chiarezza. Era accasciato vicino al letto, i capelli gli ricadevano sul volto sofferente, l'espressione stanca. Gli abiti, di foggia antica, stropicciati come se avesse sostenuto una lotta. Era la prima volta che lo vedeva, e il suo animo era colmo d'amore. Si avvicinò ancora un poco e si accorse che qualcosa non andava, la sua figura piano piano andava svanendo. No, non poteva essere, non poteva accadere, non voleva. Si affrettò ad inginocchiarsi accanto a lui, stringendolo a sé. Calde lacrime rigavano il suo volto. Egli cercò di ricambiare l'abbraccio, sentiva che stava accadendo qualcosa, che era accaduto, ma non riusciva a capire ed era sempre più debole. Iris lo strinse ancora a sé. Non avrebbe mai accettato che quella sarebbe stata non solo la prima, ma anche l'ultima volta che avrebbe visto quei meravigliosi occhi azzurri e quell'uomo che le appariva così affascinante. Ma non avrebbe mai permesso che egli se ne andasse senza sapere che lei lo amava.
«Herbert, non mi lasciare! Io ti amo» Gli disse. Un pallido sorriso si dipinse sulle labbra dell'uomo.
«Vi amo anch'io. Ma forse è troppo tardi.» Iris scosse la testa.
«No! No! E ancora no!» le lacrime le rigavano il volto. Herbert le asciugò in una carezza.
«Suvvia! Non dovete piangere.» Ma Iris non smetteva. Era così bella stretta a lui. Distolse lo sguardo e girò il volto. Gli faceva male guardarla. Iris gli poggiò una mano sul viso e lo girò verso di sé. Possibile?
«Perché non mi guardi, Herbert?» Allora era vero, lei lo vedeva! Una piccola speranza gli si accese nel cuore.
«Mi vedete?» Iris annuì e lo strinse forte. Egli cercò le sue labbra e la baciò. Si addormentarono.


Il sole filtrava tra le tende. Iris si svegliò. Era nel letto. Allora era stato solo un sogno? Si prese la testa tra le mani. Era confusa.
«Buongiorno.» Iris si girò di scatto. Herbert era seduto sulla poltrona. Si stropicciò gli occhi. Non riusciva a crederci. Era sveglia? Sognava?
«Herbert?»
«Sono proprio io. Mi avete...mi hai ridato la vita.» Lei sgranò gli occhi. Scese dal letto e corse da lui. Egli la prese in braccio e la baciò.
«Come ci sono finita lì?» Indicò il letto. Egli rise.
«Il pavimento non mi sembrava il posto migliore per dormire.» Arrossì dandosi della sciocca.
«Come ti senti? Stai bene?» Lo guardava con preoccupazione.
«Sono un po' stanco, ma sto bene.» Iris sorrise. Era felice, ma mille dubbi le adombrarono lo sguardo. Herbert le stampò un lieve bacio sulle labbra.
«E ora?» Gli chiese Iris.
«E ora, amore mio, dobbiamo inventarci la nostra vita.» La strinse a sé e la baciò con passione.


FINE




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Opera scritta il 17/04/2016 - 18:36
Da Marirosa Tomaselli
Letta n.1047 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Concordo con il commento di chi mi ha preceduto ed aggiungo che mi è piaciuto molto
Complimenti Marirosa
Nadia
5*

Nadia Sonzini 22/04/2016 - 20:53

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Grazie Mille del commento, molto apprezzato.

Marirosa Tomaselli 19/04/2016 - 15:25

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una vera e propria favola con la F maiuscola, sostenuta da una capacità di affabulazione di tutto rispetto. ben curati sia la trama che i dialoghi; da notare poi che i personaggi di Iris e Herbert possiedono entrambi una psicologia credibile (cosa mica da poco!)

malos mannaja 18/04/2016 - 11:04

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