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Pianeta Amore

Pianeta Amore


L'amore è un tripudio di sensazioni, l'evoluzione del sentimento, il continuo conflitto tra la ragione ed esso, si trasmette con i gesti, si prova sulla pelle, è intersecato in noi, è il pensiero prediletto dalla mente, intenso si fa il battito cardiaco se è vero e forte, rimane statico se è diventato abitudine o convenienza.
Nel cinema spesso ci trasmettono una sola realtà di esso, quella esaltata che porta Audience, non è necessario che sia vera, deve essere bella: non diventa un mezzo ma un esempio.
Attraverso la musica o la scrittura siamo invece liberi di immedesimarci, dare sfogo all'immaginazione che viene repressa in un mondo che ha perso l'astratto dell'essere umano.


Qua in Egitto l'amore mi sembra scomodo e incomprensibile.


Una delle mie zie è seconda moglie di un uomo sposato: due figli maschi con la prima, due figlie femmine con lei; vivono tutti nello stesso palazzo.
Una famiglia allargata, tra le due mogli c'è sintonia, sono come sorelle, questa cosa mi crea ogni volta confusione perchè non comprendo come sia possibile non provare gelosia e rabbia nel dover condividere un marito.
Ogni volta che vado a casa di mia zia e le vedo sorseggiare del tè caldo in salotto mentre scherzano e si confidano cerco di "leggerle" attraverso le sfaccettature del volto, la manovranza dei gesti, il loro scambio di sguardi.
In salotto c'è appesa la foto dei due sposi, sorridono, sembrano felici, ma non posso catturare se sia veramente o meno... so solo che per me è un mistero come la prima moglie sia andata al matrimonio a festeggiare, ad ammirare; capisco che questo fa parte della normalità qua ,ma allora vuol dire anche che l'amore non esiste, almeno non quello comune, qui è una sorta di accettazione, interesse, comodità, perchè un cuore non può amare due persone allo stesso modo.
Un'altra zia quest'anno si sposerà per la terza volta perchè gli altri due matrimoni non sono andati a buon fine, le cause sono misteriose...di positivo c'è che potrò vedere un matrimonio all'egiziana per la prima volta.
Una mia cugina ha trentadue anni, ha paura di sposarsi perchè le sue amiche ogni volta le dicono che la loro vita coniugale è un disastro poiché il patner che prima era dolce e “innamorato” muta poi nelle vesti di marito, questo può succedere in ogni paese e continente ma almeno di certo c'è la libertà e parità dei sessi.


Malgrado tutto però, cinque anni fa ho trovato proprio qui il mio primo amore, il primo fidanzatino, quello che ti rimane impresso dentro, perchè come se noi fossimo un'immensa libreria ha fatto cadere il libro dell'amore, ha sfogliato alcuni capitoli, ad un certo punto ha smesso, e poi lo ha riposto ammaccato dove era.
Quando avevo tredici anni fu la prima volta che vidi l'Egitto da una prospettiva diversa da quella di una turista, a interrompere i nostri viaggi infatti c'era stato un fatto: la morte della mia nonna paterna, con lei non avevo mai avuto un rapporto ne un dialogo perchè all'epoca non sapevo parlare o capire questa lingua così complessa.
E' stato l'avvenimento che ha cambiato tutto, ho visto mio padre fragile come non mai, mi sono sentita in colpa di non aver potuto scambiare con lei qualche parola prima, lei lo sperava ogni anno che arrivavo... c'è stata una svolta non so dire se positiva o meno anche in me, schietta.
Il giorno del lutto mio padre mi aveva chiesto di indossare il velo, io avevo acconsentito perchè sapevo che era di buon uso e che andava fatto, pensavo sarebbe stato solo per quel giorno, e invece da allora ogni volta che vengo qui l'ho sempre indossato poiché dice che devo, ma ero piccola, ho cominciato troppo presto, potevo farne a meno visto ci sono egiziane musulmane che addirittura non lo portano, potrei farlo io che sono per gran parte italiana.
Quando muore una persona nella cultura araba viene fatta una veglia fuori la casa del defunto, dove si riuniscono amici e parenti intenti a ricordare e pregare per lui/lei, le donne sono divise dagli uomini per una maggiore concentrazione, credo.
Quel giorno era tutto nuovo per me, mi sentivo fuoriluogo, immersa nello sconosciuto... e siccome mi ha sconvolto la vita ricordo ogni cosa, come se fosse passata una sola notte e non cinque anni.
A quell'epoca ero pienotta, quindi non mi dispiaceva coprirmi il più possibile con abiti deformi, era come se gli usi e i costumi della cultura in un certo senso mi facessero anche comodo: Indossavo dei pantaloni neri a zampa di elefante, una maglia lunga marrone ed un velo nero...ero struccata ovviamente.
Mi trovavo nel salotto di mia nonna, c'erano delle mie foto di quando ero piccola, vicino a me c'erano cugine per lo più mie coetanee, molte, poiché mio padre ha tre fratelli e quattro sorellle.
Avevo bisogno di una boccata d'aria, quindi una di loro mi ha portato fuori a fare una passeggiata: lungo le strade vissute da mio padre bambino, osservando gli antichi mestieri che un tempo esistevano anche in italia (lustrascarpe, acquaiolo ecc..), assaporando con l'olfatto spezie a me nuove in ogni loro aspetto e colore, notando come i bambini sono felici con poco...un pallone, un fiammifero e tanta fantasia.
La mia cugina mi teneva per mano, si chiamava Mona, una bellezza lunare: pelle bianca latte, occhi azzurri come ciel sereno, capelli lunghi castano scuro racchiusi in un velo nero ,si mimetizzava anche quel suo ciuffo sbarazzino.
Mentre camminavamo a sedere in un marciapiede avevo visto un ragazzo , mi ha guardata con i suoi occhi, ho potuto intravedere poco nel buio della sera araba, dove il sole tramonta presto... solo il bianco splendente del suo sorriso.
Rientrate a casa della mia defunta nonna ero presa dall'euforia di aver visto quel ragazzo che stranamente mi aveva notata, non succedeva mai in Italia, avevo la curiosità di sapere chi fosse.
Quel misterioso mi aveva inondato la mente di domande, dubbi e curiosità tutta la notte fino al giorno seguente quando sono andata a casa di Mona mentre mio padre era impegnato con la veglia ed il suo negozio di elettrodomestici.
Quel giorno, quelle ore ,sono irreversibili nella mente malgrado gli anni passati e le circostanze cambiate, poiché hanno dato un senso a vari capitoli della mia adolescenza: tra ingenuità e insicurezza c'era la voglia di voler scoprire ed essere come le altre.
Era mattina quando arrivai, mi ha aperto la porta Mona indaffarata con le sue mansioni casalinghe mi ha fatto accomodare in salotto con un buon succo al mango e accompagnata da una canzone: “Dayman Ma'ak” , “sempre con te”...è la canzone araba a cui ho prestato attenzione per la prima volta a causa delle sue melodie così dolci o perchè mi hanno avvolto in un momento che mi ha totalmente resa felice? La seconda.
Mentre bevevo seduta nel divano, dal bagno esce un ragazzo in accappatoio e io cerco di rendermi invisibile chiudendo gli occhi: si volta verso di me, occhi come quelli di Mona, quelli che quando guardi ti ci perdi e hai bisogno di un "pizzicotto" per ritornare in te, capelli castani chiaro quasi dorati, un corpo che ancora non mi ero neanche permessa di sognare, ed il sorriso che mi ha portata al famoso dejavù.
Era il ragazzo che il giorno seguente era seduto al marciapiede, è il fratello di Mona, ovvero mio cugino, ed il suo nome è Hassan.
In accappatoio mi ha salutata, e poi è andato a cambiarsi capendo che di lì a poco il mio colorito sarebbe diventato simile ad un pomodoro...poi si è seduto vicino a me ed è cominciata la conversazione più significativa e originale mai avuta prima: parlando fino a sera, con Google traduttore, di tutto e di più, paure e sogni, realtà insoddisfacenti.
Era un cugino sconosciuto poiché non abbiamo trascorso l'infanzia insieme;il figlio di una delle sorelle di mio padre, la più bella … anche lei insolitamente araba , dagli occhi azzurri e la pelle bianca, indossa il burka per coprire forse questo suo aspetto grazioso.
Ore ed ore a parlare su quel divano di cui ne ricordo perfino la consistenza morbida della gomma piuma, e il sapore di quel gelato alla panna offerto da lui... ero incapace anche di aprire la confezione poiché ero stordita dalla sua bellezza.
Dopo quel giorno di novità ed emozioni è cominciata la mia prima storia, relazione, esperimento di cuori.
Quell'anno difficile a causa di lutti e impegni per mio padre, ho trascorso gran parte del tempo a casa di mia zia che abitava a soli quindici minuti dal "misterioso".
Era bellissimo percorrere con lui quel tragitto, non potevamo darci la mano perchè sennò qualcuno sarebbe andato a fare la spia, ma potevamo tuffarci l'uno negli occhi dell'altro, per me non c'era paragone e gara ma per lui sì... oceano contro prateria.
Insieme a lui in quella ventina di giorni mi sono sentita desiderata.
Abbiamo fatto “scorpacciate” di film, ballato, guardato le barche nel mare il cui riflesso lucente era in sintonia con le stelle, ci siamo fatti promesse.
Quando mancava poco alla partenza ho cominciato ad assaporar di più la sua presenza, scattato fotografie con gli occhi, alla strada che tutti i giorni facevamo con paura e felicità amalgamate all'amore.
L'umanità che la popolava era povera ma ricca di vitalità, quel qualcosa che a volte manca qua, quel sorriso malgrado tutto, la speranza sempre viva, l'inesistenza dei vizi materiali.
Il giorno prima della partenza ero con la sua famiglia e mia zia, era un giorno molto triste per me, tra me e lui c'è stata una conversazione mai avvenuta prima, una conversazione riguardo all'aspetto fisico che mi ha marcato la pelle, fatto tentennare il cuore.
Mi disse che un giorno avrebbe voluto sposarmi e che voleva una moglie perfetta, che dovevo promettergli che una volta in Italia mi sarei data da fare con dieta e sport; ci rimasi male lui se ne accorse e mi sottolineò che questo sarebbe stato per entrambi che anche lui avrebbe “lavorato” con i suoi muscoli inesistenti, mi aveva tirata un po' su di morale ma non del tutto.
Siamo andati al balcone, ho bevuto un bicchiere d'acqua fresca, mi sentivo in colpa, brutta, mai abbastanza... lui mi ha accarezzato i capelli, a quel tempo erano folti, lunghi,neri...ci sarebbe stato bene un bacio , ma nel momento in cui mi sono avvicinata a lui, lui ha posato le labbra nelle mie guance paffute dicendomi che ancora era presto, che lì non era permesso quello che desideravo.
Quando arrivai in Italia, in quel fine stagione estivo, non ero più la stessa poiché ero entrata nella immensa porta dell'amore, quella che sapevo poteva da un momento all'altro sbattermi in faccia.




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Racconto scritto il 26/06/2016 - 20:55
Da Layla Farag
Letta n.1076 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Grazie mille! Sogno di diventare scrittrice

Layla Farag 27/06/2016 - 20:24

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ESPLICITO QUANTO ESPRESSIVO RACCONTO SEQUELATO CON MAESTRIA.
LIETA SETTIMANA LAYLA.
*****

Rocco Michele LETTINI 27/06/2016 - 09:12

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